L’EPO (eritropoietina) è doping per il cervello, prodotto dal cervello stesso per potenziarsi quando necessario. La notorietà dell’eritropoietina la deve soprattutto agli effetti che esercita a livello del midollo osseo, stimolando la produzione di nuovi globuli rossi, motivo per cui è classificata come sostanza dopante in grado di aumentare le performance sportive. Ma c’è un effetto, meno noto dell’EPO: quello a livello cerebrale, che oggi alcuni ricercatori Max Planck Institute of Experimental Medicine di Gottinga chiariscono dalle pagine di Nature Communications. L’eritropoietina, spiegano, è un agente dopante per il cervello, capace di innescare la produzione di nuovi neuroni e aumentare così le performance cognitive. Ecco come.
EPO, le azioni sul cervello
Non è esattamente in questi termini che il team di Hannelore Ehrenreich descrive la propria scoperta, ma il significato non è così lontano. La ricerca è nata per cercare di comprendere in che modo l’eritropoietina aumetasse capacità e performance cognitive, come evidenziato da alcuni studi sui modelli animali ma non solo. La somministrazione del fattore di crescita infatti aumenta il numero di neuroni nel cervello dei topi (in regioni fondamentali per memoria e apprendimento), e potenzia le reti neuronali, ma non solo, come spiega Ehrenreich: “la somministrazione di EPO migliora la rigenerazione dopo un ictus, riducendo il danno cerebrale (si parla di ‘neuroprotezione’ o ‘neurodegenerazione’). Pazienti con problemi mentali quali schizofrenia, depressione, disordini bipolari o sclerosi multipla trattati con Epo hanno avuto miglioramenti significati delle performance cognitive”.
Lo sforzo cognitivo stimola la produzione di eritropoietina
Per capire in che modo questo fosse possibile, i ricercatori hanno sottoposto alcuni topi a uno sforzo cognitivo, spingendoli a imparare a girare in una ruota con raggi disposti in maniera irregolare. Gli scienziati hanno osservato che somministrando l’EPO i topi imparavano prima, ed erano anche più resistenti. Il meccanismo dietro l’azione dell’EPO è questo: lo sforzo cognitivo induce una debole carenza di ossigeno che stimola la produzione e l’azione del’EPO stessa. Tutto questo, spiega Ehrenreich, ha come sottoprodotto l’aumento della produzione di cellule nervose a partire dai loro precursori e un potenziamento delle reti neuronali, che da ultimo portano a un miglioramento delle perfromance cognitive.
Un fenomeno tanto naturale nel cervello quanto da replicare, in setting clinici laddove necessario e in modo controllato: “Le performance cognitive possono essere migliorate attraverso l’apprendimento costante e l’allenamento mentale attraverso la produzione di EPO nei neuroni stimolati – ha aggiunto la ricercatrice – Un simile effetto può essere ottenuto in pazienti attraverso la somministrazione addizionale di EPO”. Una conferma nel complesso, riassumono i ricercatori, della neuroplasticità cervello, innescata in questo caso da condizioni di ipossia funzionale.
Riferimenti: Nature Communications
(Credits immagine di copertina: ColiN00B via Pixabay)