Si può essere assuefatti ai raggi ultravioletti? Sì, secondo uno studio pubblicato su Cell Press, secondo cui l’esposizione ripetuta a questo tipo di radiazione causerebbe il rilascio delle endorfine, un tipo di ormoni che si comportano in maniera simile all’eroina e ad altre sostanze simili, causando (nei roditori) dipendenza fisica, tolleranza fisiologica e comportamenti che sono del tutto assimilabili all’assuefazione. La ricerca spiegherebbe perché gli esseri umani provino un desiderio istintivo di stare al Sole, nonostante i risaputi rischi che esso comporta per la salute (vedi Galileo: Così i raggi Uv fanno crescere il melanoma).
Nell’esperimento i ricercatori hanno esposto dei topi a cui era stato rasato il pelo ai raggi ultravioletti per 6 settimane, e hanno osservato che il livello di endorfine in circolo nel loro sangue cominciava ad aumentare già dopo una sola settimana di esposizione. Dopo le sei settimane, gli animali sono stati sottoposti a un trattamento con dei farmaci in grado di ridurre gli effetti degli oppioidi: gli scienziati hanno così osservato che gli animali che erano stati esposti alla radiazione presentavano a questo punto sintomi tipici della crisi d’astinenza, inclusi tremori e fremiti.
“È sorprendente che di fatto siamo geneticamente programmati a diventare assuefatti a una cosa pericolosa come la radiazione UV, che è una delle maggiori cause di cancro nel mondo. Sospettiamo che la spiegazione coinvolga il contributo dei raggi ultravioletti alla sintesi della vitamina D nella pelle. Tuttavia oggi ci sono fonti molto più sicure di vitamina D, che non sono agenti cancerogeni. Speriamo che questi risultati”, conclude il ricercatore: “aiutino ad educare le persone a ridurre l’esposizione al sole per limitare i tumori della pelle e l’invecchiamento precoce,” ha spiegato David Fisher, autore dello studio, “I dati ottenuti suggeriscono che la decisione di proteggere la nostra pelle o la pelle dei nostri bambini potrebbe richiedere uno sforzo effettuato coscientemente”.
Riferimenti: Cell Press doi: http://dx.doi.org/10.1016/j.cell.2014.04.032
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