Le “strane inversioni” di Dennett nei labirinti della mente

Dennett evoluzione della mente

Immaginazione, intuizione e anticonformismo scientifico, fondati su solide e aggiornatissime basi di conoscenza, rendono le opere di Daniel Dennett sempre stimolanti. Spesso autoreferenziale e un po’ egocentrico, in questo ultimo libro (Dai batteri a Bach. Come evolve la mente, Raffaello Cortina Editore, 2018) Dennett cita in bibliografia almeno 70 sue pubblicazioni cui fare riferimento per seguire fin dalle origini le sue elaborazioni sull’evoluzione della mente e della coscienza. Le sue interpretazioni sono dichiaratamente antintuitive e – come l’autore stesso avverte nell’introduzione – deliberatamente scioccanti: propone infatti alcune “strane inversioni” nel ragionamento di Darwin, di Turing e persino di Hume per sostenere lo svolgersi dei suoi ragionamenti. E se le parole tradizionali non sono sufficientemente appropriate, Dennett ne inventa di nuove – talvolta senza preoccuparsi di spiegarne il significato che vi attribuisce, ritenendole capaci di esprimere meglio le sue concettualizzazioni.

L’autore chiede di prendere in considerazione tre “ardui esercizi di immaginazione” prima di rifiutarli per ragioni di principio: in primo luogo capovolgere il nostro mondo seguendo Darwin e Turing; poi far procedere l’evoluzione fino al progetto intelligente (attenzione alle minuscole); e infine rivoltare la mente come un guanto. Dunque bisogna leggere questo volume preparandosi a delle rivoluzioni concettuali. In realtà, forse perché la cultura europea è meno vincolata alla tradizione di quella americana, in cui ha ancora posto l’insegnamento del creazionismo o la fiducia nel Progetto Intelligente (attenzione alle maiuscole), si tratta di rivoluzioni interessanti e criticamente accettabili.

Come spiegare l’evoluzione della mente

dennet evoluzione della mente batteri 2018Per spiegare l’evoluzione della mente bisogna postulare una continuità o una discontinuità tra la mente umana e quella degli altri animali? E quali sono le differenze qualitative tra le attività intelligenti della specie umana e, per esempio, quelle delle api? C’è differenza tra Gaudì che costruisce la Sagrada Familia e le termiti che costruiscono i loro fantasmagorici formicai?

Dennett si diverte a mettere a confronto il concetto di competenza con quello di comprensione: certo le api, le termiti, gli uccelli del paradiso sono estremamente competenti a costruire alveari o termitai, a sedurre le femmine con danze o regali appropriati… ma quanta comprensione c’è dietro i loro comportamenti? Probabilmente non c’è nessuna consapevolezza né conoscenza relativa a quello che sanno fare con tanta accuratezza e precisione. E se si cercano spiegazioni, è importante distinguere domande che indagano sul “come mai” certe cose vanno come vanno, da quelle che vogliono capire “per quale motivo” le cose effettivamente succedono.

Evolutivamente, cercando di modellizzare i livelli di competenze che si articolano nel comporre la comprensione, Dennett distingue quattro tipi di creature con caratteristiche via via più complesse.

  1. Le creature darwiniane create dall’evoluzione per selezione naturale che “non imparano e non sanno quello che fanno” pur facendolo in modi che permettono loro di vivere;
  2. le creature skinneriane che imparano per rinforzo senza comprensione: i loro comportamenti vengono potenziati o indeboliti dagli esiti delle loro azioni;
  3. le creature popperiane che verificano con prove preliminari l’efficacia dei loro comportamenti;
  4. le creature gregoriane che usano strumenti per pensieri astratti e concreti, sviluppando anche attraverso il linguaggio l’esplorazione sistematica della soluzione di problemi.

Se, secondo Dennet, noi siamo le uniche creature gregoriane consapevoli, le concezioni di Freud portano la riflessione sulle funzioni di una mente cosciente soggetta all’inconscio: una sorta di contraddizione in termini da cui non è facile uscire.

Se alcune specie, come gli scimpanzé, hanno qualche rudimento di evoluzione culturale, è evidente la dipendenza della nostra evoluzione culturale dall’invenzione e uso del linguaggio, e la sua diffusione attraverso la parola. Anzi, sviluppando un termine proposto da Richard Dawkins nel suo libro “Il gene egoista”, attraverso i memi, unità di trasmissione culturale che, come i virus, possono essere copiati, ricordati, insegnati, evitati, ridicolizzati, censurati…. infettando persone e comportamenti.

Dennett e l’evoluzione dell’evoluzione culturale

La polemica sui “memi”sembra stia passando di moda ma è ancora molto viva. Alcuni studiosi mettono in evidenza le radicali differenze tra le modalità di trasmissione dell’informazione genetica (attraverso geni ereditabili da una generazione all’altra) e le modalità di trasmissione dell’informazione culturale (realizzata dai memi che modellano le culture). Come tutte le metafore, le analogie tra geni e memi rilevano comportamenti e funzionamenti a volte simili a volte diversi, messi in evidenza da Dennett in due capitoli del suo libro: Il punto di vista del meme e Che cosa c’è che non va nei memi. Questa analisi porta finalmente ad affrontare il tema fondamentale dell’opera: l’evoluzione dell’evoluzione culturale e il problema della coscienza che non sempre sconfina nell’autocoscienza. Sono moltissime le azioni compiute senza una ragione precisa o seguendo ragioni che sfuggono al controllo consapevole: “scusa, non so perché l’ho fatto”.

Sulla quantità di problemi ancora irrisolti, sostiene Dennett, è importante saper raccontare “storie proprio così”, plausibili, che attendono di essere confutate, confermate, eventualmente accettate. Lo sguardo sulla relazione tra intelligenza naturale e intelligenza artificiale conclude questo libro che, nella postfazione, Maurizio Ferraris definisce “labirintico”.

Seguire Dennet nelle sue divagazioni, nella struttura logica dei suoi discorsi, nelle suggestioni dei suoi esempi apparentemente banali è una impresa spesso difficile, sempre interessante. Le argomentazioni, comunque, permettono una libertà di pensiero esplorativo, aprono strade a ragionamenti che si discostano dalle tradizionali interpretazioni. Le “strane inversioni” suggerite da Dennett si possono accettare o ricusare ma invitano il lettore a diventare consapevolmente responsabile delle proprie opinioni.

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