Fake news, disinformazione, bufale: nemmeno il coronavirus ne è immune. La disinformazione non è cosa nuova, e con Covid-19 si è verificata una vera e propria esplosione incontrollata di notizie, la cosiddetta infodemia, che ci è portata dietro informazioni false o provenienti da fonti non verificabili. Siamo capaci di riconoscerle? Avere una formazione medica fa sempre la differenza? Se lo sono chiesto due docenti della Martin Luther Universität Halle-Wittenberg, in Germania, che hanno condotto uno studio, pubblicato su PLOS ONE, per analizzare la capacità di distinguere le notizie vere sul coronavirus da quelle false, soprattutto tra persone che studiano o lavorano in ambito sanitario. E i risultati non sono stati affatto scontati.
Competenze diverse ma risultati simili
Per farlo, gli scienziati si sono quindi rivolti sia a studenti, iscritti a tutti i corsi di laurea, sia a professionisti che lavorano in settori diversi, tra cui soprattutto quello sanitario. In questo modo, i ricercatori hanno cercato cercato di capire se le conoscenze degli studenti di medicina e l’esperienza dei professionisti sanitari li avrebbero resi davvero più capaci di elaborare correttamente le notizie riguardanti il Covid-19. Hanno quindi sottoposto a circa 2000 volontari otto notizie tratte dai media, ognuna in due versioni: una vera, cioè senza manipolarne il contenuto, e la stessa notizia alterata con informazioni false. I contenuti riguardano argomenti legati al coronavirus, come l’isolamento sociale, le conseguenze economiche e quelle sulla salute. Due notizie sono definite dagli studiosi di “forte esagerazione”, cioè sono state manipolate in modo estremo nella versione falsa. Ad esempio, come mostrato nella tabella a seguire, la notizia 7 riguarda l’App per il tracciamento dei contagi: la versione ufficiale informa che i dati personali sono inviati a un server gestito dallo stato che ne garantisce la privacy, mentre in quella manipolata si afferma che anche Facebook, Google e Huawei hanno accesso a questi dati.
Come si può vedere dalla tabella, che riporta le percentuali con cui le diverse categorie hanno correttamente identificato le notizie, i risultati sono abbastanza simili tra tutte le categorie analizzate. Ovvero: non sempre una formazione medica assicura una capacità migliore di riconosce fake news, né i professionisti sanitari sono così migliori degli studenti, notano i ricercatori. Ad esempio, la notizia numero 5, secondo cui gli uomini sono più vulnerabili al coronavirus, è stata ribaltata evidenziando un maggiore rischio tra le donne: i professionisti sanitari hanno risposto correttamente circa nel 70% dei casi, contro il 79% dei lavoratori di altri settori. Una ragione, secondo i ricercatori, potrebbe essere il fatto che questi professionisti valutano gli articoli come errati perché i giornalisti utilizzano un tipo di linguaggio che ha lo scopo di attirare i lettori, quindi parlano una vera e propria lingua diversa rispetto a quella di medici e infermieri. La colpa, dunque, sarebbe dei giornalisti.
Le strategie per sbagliare meno
Gli studiosi si sono chiesti inoltre se ci fossero altri fattori che influenzano la capacità di valutare correttamente le notizie. Ad esempio, hanno rivolto ai soggetti alcune domande per capire se erano portati a ragionare in maniera intuitiva o più analitica. Come si aspettavano, i ricercatori hanno scoperto che analizzare le notizie con uno sguardo critico e con un’analisi approfondita aumenta la capacità di riconoscere quelle false. Inoltre, hanno chiesto loro se avevano già sentito parlare di quelle notizie. La familiarità con i contenuti sembra infatti avere una certa importanza: se le informazioni sono in linea con le narrazioni trasmesse dai media, tendiamo maggiormente a pensare che siano vere.
Lo studio dimostra che tutte le persone sono vulnerabili alle informazioni manipolate, indipendentemente dal livello di istruzione e dalle loro competenze. Conoscere i fattori che influenzano la capacità di identificarle, sostengono gli studiosi, non solo può aiutarci a migliorare la nostra abilità di riconoscere le notizie vere ma può contribuire anche a ridurre la diffusione di quelle false e, quindi, dei loro effetti potenzialmente dannosi per la società.
Riferimenti: PLOS ONE
Credits immagine di copertina: Wokandapix on Pixabay