Si torna a parlare di procreazione medicalmente assistita. E non lo fa solo la cronaca, con la notizia della donna cui verranno impiantati, dopo la morte del marito, gli embrioni prodotti 19 anni fa. Lo fa anche una ricerca volta a capire quali sono le strategie di pma che producono i migliori risultati in termine di salute del nascituro.
L’indagine in questione si chiama CoNARTaS ed è stata condotta da Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia, analizzando il tasso di bimbi nati prematuri (prima della 37a settimana), con basso peso alla nascita (<2500 g) o di morti entro il primo anno di vita di oltre 92.000 gravidanze singole o gemellari ottenute con tecniche di pma e confrontandole con i dati ottenuti da circa 450.000 spontanee. Le informazioni raccolte coprono un periodo temporale cha va dal 1998 al 2007. Scopo primo di CoNARTaS era capire se, cosa e come ha avuto influenza sui parametri normalmente osservati alla nascita.
Alla nascita di Luise Brown, primogenita della PMA ed oggi 36enne, infatti, hanno fatto seguito quelle di più di 5 milioni di bambini, che hanno visto l’evolversi di diverse tecniche di fecondazione assistita, dei processi di crioconservazione, dei protocolli di stimolazione ovarica e di diverse strategie di trasferimento degli embrioni (trasferimento singolo e multiplo).
Il primo e più importante risultato estrapolato sulla pma grazie a CoNARTaS è questo: il calo delle gravidanze gemellari, stabili al 23% fino al 2002 e in forte diminuzione successivamente fino ad attestarsi all’11,6% complessivo nel 2007. Questo calo coincide con un miglioramento delle condizioni di salute dei bimbi, infatti il tasso di prematuri scende dal 27,9% dei primi anni al 12,8% del quinquennio 2003-2007. “Durante i venti anni indagati abbiamo osservato anche una notevole diminuzione di basso peso alla nascita e di morti durante il primo anno di vita”, ha commentato Anna-Karina Aaris Henningsen, ricercatrice dell’Università di Copenaghen e primo nome della ricerca, pubblicata su Human Reproduction.
Continuando a leggere i dati, si scopre che tra il 1988-1992 il tasso di prematuri nelle gravidanze singole da pma è stato del 13% rispetto al 5,5% per i bambini concepiti spontaneamente. Tuttavia, dal 2003, queste cifre sono migliorate: 8% i nati pretermine da pma rispetto al 5% delle gravidanze spontanee. Anche per quanto riguarda le gravidanze gemellari si è osservato un miglioramento nel tempo, dal 50% di nati pretermine da pma rispetto al 42% delle spontanee del periodo 1988-1992 si è passati rispettivamente al 47% e 44% nel periodo 2003-2007. Allo stesso modo i tassi di bimbi sottopeso dopo fecondazione assistita sono migliorati nel tempo: dal 7,6% al 3,2% nei parti singoli e dal 17% al 14% nelle gemellari.
“Questi risultati”, continua Henningsen: “dimostrano in modo convincente che l’importante aumento dei cicli di pma nel corso degli ultimi 20 anni è stato accompagnato da un significativo miglioramento dei risultati sulla salute dei bambini, in particolare per le gravidanze singole. La ragione più importante è il drammatico declino delle nascite multiple” .
Declino legato alle procedure di trasferimento embrionale. Come spiegano i ricercatori, infatti, i paesi nordici hanno puntato molto sul trasferimento di un singolo embrione per ciclo (che, secondo studi precedenti, non significa avere meno possibilità di rimanere incinta) e quanto osservato suggerisce che una politica nazionale di questo tipo non solo riduca i tassi di gravidanze multiple, ma ha anche un effetto importante sulla salute del singolo bambino.
E in Italia? Secondo i dati pubblicati dal registro nazionale della PMA, nel 2011 è stato trasferito un embrione nel 19,9% dei casi, due nel 40,9%, tre nel 34,6% e più di quattro nel 4,5%. Delle 10.735 gravidanze monitorate, il 18,5% era gemellare e l’1,3% trigemina (uno quello quadruplo). Globalmente la quota di nati sottopeso è stata del 26,1%. Questo valore è correlato al genere di parto. La quota di nati sottopeso nei parti singoli è infatti del 10,1%, mentre da parti gemellari è del 54,1% e nei trigemini è del 92,8%. I bambini pretermine sono stati 26,1% (11,1% nei parti singoli, 52,3% in quelli gemellari e 90,2% in quelli trigemini).
Il trasferimento di un singolo embrione è importante non solo perché limita la gemellarità, ma anche perché ““Il trasferimento multiplo, anche se porta alla nascita di un solo bambino, può ancora avere un impatto negativo sui risultati complessivi neonatali” spiega Henninsgsen. Si può ipotizzare, leggendo i numeri italiani e provando a confrontarli con quelli dello studio appena pubblicato, che sia per questo che – anche se guardiamo solo alle gravidanze singole italiane da pma – le percentuali di bimbi sottopeso e pretermine sono maggiori di quelle nordiche. Nei paesi nordici infatti il trasferimento singolo è politica nazionale, mentre da noi nel 2011 è stato effettuato in meno del 20% delle pazienti.
Riferimenti: Human Reproduction doi: 10.1093/humrep/deu345
Credits immagine: Adrian Wiggins/Flickr CC