Buone notizie per la lotta alla fibrosi cistica, malattia genetica grave che colpisce soprattutto il sistema respiratorio e il sistema digerente, caratterizzata dalla secrezione di muco estremamente denso che provoca difficoltà respiratorie, infezioni e danni a carico di diversi organi del corpo. L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha infatti appena approvato il rimborso di un farmaco a base di due principi attivi, lumacaftor e ivacaftor, che, stando ai risultati presentati il mese scorso nel corso della conferenza della European Cystic Fibrosis Society, sembra essere in grado di modificare la progressione della malattia, per la quale purtroppo, al momento, non esiste ancora alcuna terapia definitiva. La decisione dell’Aifa arriva dopo una contrattazione iniziata un anno e mezzo fa, quando la Commissione Europea concesse agli stati membri l’autorizzazione per l’immissione in commercio della combinazione dei due principi attivi.
Per capire meglio come agisce il farmaco, è bene riassumere brevemente le caratteristiche della malattia. La fibrosi cistica è la più comune delle malattie genetiche rare, dovuta all’alterazione del gene CTFR (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator). Si tratta, per la precisione, di una malattia recessiva: per manifestarsi, c’è bisogno che entrambe le copie del gene (sia quella ereditata dal padre che quella ereditata dalla madre) contengano la mutazione. I genitori che hanno soltanto una copia alterata di un gene, invece, non evidenziano alcun sintomo della malattia e sono definiti portatori sani: si stima che in Italia e nel mondo occidentale i portatori sani siano circa 1 su 26 persone. In nord America, Europa e Australia la malattia interessa circa 75mila persone; in Italia si stima che un bambino ogni 2500-3000 nati sia affetto da fibrosi cistica, per un totale di circa 200 nuove diagnosi ogni anno.
La mutazione del gene provoca un malfunzionamento nella codifica di una proteina che, nei soggetti sani, è responsabile del movimento del cloro e dell’acqua dall’interno verso l’esterno delle cellule epiteliali delle ghiandole mucose; in mancanza di tale movimento, le secrezioni mucose tendono a diventare dense e stagnanti, provocando così l’ostruzione degli organi interessati (principalmente vie aeree, intestino e pancreas) e infiammazioni. I principi attivi allo studio, tra cui, per l’appunto, lumacaftor e ivacaftor (e le loro combinazioni) sono dei modulatori di CTFR, che agiscono sulle cause della malattia anziché sui sintomi, cercando di sopperire (o potenziare) alla carenza della proteina in questione.
Già a fine 2015, tre studi globali di fase tre della durata di due settimane (Traffic, Transport e Progress), che avevano coinvolto 1100 soggetti di età superiore a 12 anni con una particolare mutazione (la cosiddetta F508del; in effetti, le mutazioni CTFR riscontrate nei pazienti che soffrono di fibrosi cistica sono più di una), avevano mostrato che il trattamento in associazione lumacaftor/ivacaftor portava a miglioramenti significativi nella funzione polmonare, un miglioramento nell’indice di massa corporea e una riduzione delle infezioni polmonari acute.
Inoltre, uno studio successivo, pubblicato a giugno scorso sul Lancet Respiratory Medicine, ha mostrato che la combinazione potrebbe avere efficacia anche in bambini di età compresa tra 6 e 11 anni: 204 bambini sono stati trattati per 24 settimane con la combinazione e hanno mostrato un significativo miglioramento della funzione polmonare (che si misura con un indice apposito, il cosiddetto lung clearance index) rispetto a quelli trattati con placebo. Novità che lasciano ben sperare per la lotta alla malattia: “Negli ultimi anni”, commenta Donatello Salvatore, responsabile regionale del Centro per la Fibrosi Cistica di Potenza, “la situazione di questi pazienti è molto migliorata: due decenni fa chi si ammalava di fibrosi cistica aveva una speranza di vita mediana di soli dodici anni. Oggi tale aspettativa di vita media raggiunge e supera i quarant’anni. Si tratta di un trend positivo destinato a migliorare anche di più. Abbiamo, quindi, a che fare con un numero sempre crescente di pazienti che raggiunge l’età adulta, che lavora e mette su famiglia. I ragazzi con fibrosi cistica possono e devono pretendere per sé stessi le stesse aspettative dei loro coetanei sani”.