Il Large hadron collider (Lhc) è il più grande, potente e costoso acceleratore di particelle mai costruito. In poco più di 15 anni di onorata carriera ha dimostrato l’esistenza del bosone di Higgs e battuto tutti i record di energia per le collisioni tra particelle. Il programma di nuovi esperimenti della Run 3, con cui i ricercatori del Cern sperano di trovare finalmente qualche falla nel modello standard della fisica delle particelle, è iniziato da meno di due anni, ma a Ginevra c’è già chi pensa al futuro.
A un acceleratore di particelle così grande e potente da permettere di indagare “in laboratorio” le entità più misteriose del nostro universo: ovvero materia e energia oscura. Per farlo servirà un acceleratore tre volte più grande di Lhc, e un budget di oltre 21 miliardi di euro con cui costruire il Future circular collider (Fcc), destinato a succedere a Lhc quando gli esperimenti chiuderanno le porte nel 2040.
Perché ci serve un acceleratore gigante?
Lhc è stato, e continua ad essere, un successo sul piano scientifico. Ha permesso di confermare l’esistenza del Bosone di Higgs, la particella che conferisce la massa alle particelle elementari. E studiandone poi proprietà in dettaglio, gli esperimenti Atlas e Cms hanno confermato che corrispondono a quelle previste dal modello Standard, la teoria fisica che descrive il comportamento delle particelle elementari, e spiega così la materia e le interazioni che ne regolano il comportamento.
Cosa chiedere di più? Il fatto è che il modello Standard lascia diverse domande senza risposta. Non spiega infatti l’origine della forza di gravità, o cosa conferisca massa ai neutrini. Non può rendere conto dell’esistenza della materia oscura e dell’energia oscura, la cui esistenza è oggi necessaria per spiegare l’espansione dell’universo. Non chiarisce per quale motivo viviamo in un universo di materia e non piuttosto in uno di antimateria, o perché le masse delle particelle che abbiamo osservato sono quelle che sono, e differiscono così tanto tra loro.
Trovare le risposte a queste domande ci avvicinerebbe ad una Teoria del tutto, ossia un unico quadro teorico che permetta di spiegare tutti i fenomeni fisici conosciuti, unificando meccanica quantistica e relatività generale. Per riuscirci, però, serviranno collisioni a livelli energetici sempre più elevati, che permettono di indagare la materia su scala più fine, e di produrre particelle di massa sempre più elevata.
La nuova macchina
Lhc attualmente ha raggiunto la potenza record di 13,6 teraelettronvolt, e in futuro è destinato a nuovi upgrade che ne aumenteranno ulteriormente potenza e luminosità aumentando il tasso di collisioni e quindi la probabilità di individuare qualcosa di interessante nei futuri esperimenti previsti entro il 2040. Ma c’è un limite all’energia delle collisioni che si possono generare al suo intero, perché in un ciclotrone l’energia a cui si possono accelerare le particelle dipende anche dalla sua circonferenza. Per questo motivo, l’unico modo per costruire un acceleratore ancora più potente è aumentare la lunghezza dei tunnel in cui vengono accelerate le particelle. Quelli di Lhc sono lunghi 27 chilometri. Invece il Future circular collider dovrebbe arrivare a raggiungere la lunghezza di 91 chilometri, con cui sarebbero teoricamente possibili collisioni record da 100 teraelettronvolt.
Il progetto, a dire il vero, è pronto da tempo. Prevede un enorme anello sotterraneo che circonderebbe l’intera città di Ginevra, passando al di sotto dell’omonimo lago. Avrebbe quattro aree dove istallare gli esperimenti, e otto strutture scientifiche sulla superficie: sette in territorio francese e una in svizzera. E potrebbe vedere la luce già nel 2045, dedicandosi per qualche decennio ad esperimenti con elettroni e positroni, prima di essere pronto ad entrare nella fase “calda” delle operazioni, con l’inizio delle collisioni di protoni intorno agli anni Settanta di questo secolo.
“Fcc non sarà solamente uno strumento meraviglioso con cui migliorare la nostra comprensione delle leggi fondamentali della fisica e della natura”, ha spiegato la direttrice generale del Cern, Fabiola Gianotti, durante la presentazione dei risultati di uno studio di fattibilità del nuovo acceleratore, nelle scorso settimane. E ha aggiunto: “Sarà anche un motore di innovazione, perché avremo bisogno di nuove tecnologie all’avanguardia, dalla criogenica ai magneti superconduttori, alle tecnologie di vuoto, rilevatori, tecnologie con un enorme potenziale di impatto sulle nostre società, ed enormi benefici socioeconomici”.
Serve il sì dell’Europa
Se la posta in gioco scientifica è di primissimo piano, lo stesso vale per gli investimenti necessari. Secondo il Cern, si parla di circa 21 miliardi di euro, in parte già disponibili, e in parte forniti dagli stati membri e, quasi certamente, diversi partner esterni. La decisione è prevista per il 2028, e nel frattempo è stato commissionato uno studio di fattibilità cominciato lo scorso anno e che dovrebbe essere completato nel 2025. In queste settimane è stata completata la prima parte dello studio, che al Cern hanno deciso di non rendere pubblica, presentando invece i risultati durante una conferenza stampa. Non sarebbero comunque emerse criticità rispetto all’area in cui è stato deciso di costruire l’enorme tunnel dell’Fcc, e stando alle analisi, i lavori, in caso di via libera, potrebbero iniziare già nel 2033.
Per ora, comunque, non ci sono certezze sul futuro di Fcc. Al Cern evidentemente credono molto nel progetto, ma l’ok del consiglio nel 2028 non può essere considerato scontato, anche perché non mancano voci contrarie nella comunità scientifica, che ritengono la costruzione di nuovi acceleratori sempre più grandi uno spreco di fondi, che potrebbero essere sfruttati in campi con ricadute più certe, come lo studio dei cambiamenti climatici.
Mentre in Europa si discute, altrove progetti simili sono già in fase di progettazione. E per questo – a detta dei fautori del progetto –, non sfruttare le conoscenze accumulate con l’Lhc potrebbe rivelarsi un errore che porterebbe il consorzio europeo a perdere la leadership acquisita nello studio della fisica delle particelle. I rivali cinesi, per esempio, sono attivissimi, e hanno già in programma un progetto gemello a quello dell’Fcc: il Circular electron positron collider, un ciclotrone di 91 chilometri di circonferenza che potrebbe aprire le porte già entro la fine di questo decennio.
Via: Wired.it
Credits immagine: Antonio Vivace su Unsplash
Leggi anche: Lhc, tutto pronto per il nuovo round di esperimenti