Le studentesse delle scuole superiori italiane non ritengono che le donne siano portate per la scienza. E le giovani ricercatrici non si rendono conto delle discriminazioni sessuali che subiscono sul lavoro. È la paradossale realtà rivelata dal progetto Diva – Science in a Different Voice, finanziato dalla Commissione Europea. I risultati di tre indagini sono stati presentati ieri a Roma presso la Camera dei Deputati.
Gli studi, condotti da Rossella Palomba dell’Istituto per le ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) del Cnr, ambasciatrice europea per le pari opportunità nella scienza, hanno coinvolto oltre 1.700 studenti di 43 scuole superiori, 400 ricercatrici e 380 tra politici e rappresentanti di enti universitari e imprese, in discussioni, riflessioni, laboratori e sondaggi.
Ed ecco il quadro che ne è emerso. La stragrande maggioranza delle studentesse (82 per cento) non considera la carriera nel mondo della scienza. Maschi e femmine hanno visioni diverse su quella che è la vita di un ricercatore: il 70 per cento delle ragazze apprezza la possibilità di viaggiare, mentre a far leva sui ragazzi è soprattutto il piacere della scoperta. I due sessi concordano almeno sulla qualità necessaria per essere un buon ricercatore: la fantasia. Ma per le donne più che per gli uomini fondamentale è anche la collaborazione tra individui (53 per cento contro il 33 per cento). Un terzo dei ragazzi crede la ricerca sia una passione, mentre per più della metà delle ragazze la motivazione è il divertimento.
Entrambi i sessi ignorano la questione di genere. E non soprende, visto che nemmeno le giovani ricercatrici percepiscono le discriminazioni sessuali come un problema, né avvertono la necessità di lottare per affermare i propri diritti. Sono convinte che il mondo della scienza sia meritocratico. Ma i dati sulle differenze di genere nelle carriere scientifiche le smentiscono. Nel 2004, per esempio, tra i titolari di cattedre universitarie, le femmine erano solo il 16,4 per cento. Eppure, agli inizi della carriera accademica non ci sono grandi differenze numeriche tra i due sessi.
Come, però, hanno dimostrato iniziative italiane ed europe, la sensibilizzazione e la diffusione delle buone pratiche possono contribuire a cambiare lo scenario.
(t. m.)