Fukushima, cronaca di un disastro

Alessandro Farruggia
Fukushima. La vera storia della catastrofe nucleare che ha sconvolto il mondo
Marsilio Editore 2012,  pp. 239 euro 17,50

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A un anno dal disastro nucleare di Fukushima esce un libro dedicato alla verità sui fatti, gli errori e la responsabilità di quello che è successo. Alessandro Farruggia, giornalista della redazione romana del Quotidiano Nazionale (La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno) scandisce con ritmo incalzante, quasi poliziesco, i minuti e le ore della tragedia, analizzando da varie angolature l’incidente e le sue conseguenze. Dalla confusa reazione della Tepco (la compagnia che gestisce l’impianto), alle discutibili scelte del governo giapponese, che preferisce non consultare l’unità di crisi lasciandosi fagocitare dalla opportunistica strategia delle informazioni parziali.

La cronaca, a mo’ di diario, si intreccia con la storia della costruzione della centrale. L’autore apre uno squarcio sulle “sporche pratiche” della compagnia giapponese che, a partire dalla progettazione, si perpetuano negli anni in tutte le fasi di controllo dei sistemi di sicurezza.

La catastrofe di Fukushima – classificata di livello 7, lo stesso di Chernobyl – è figlia di una serie di leggerezze scandite dalla volontà di ridurre i costi rinunciando alle migliori tecnologie, aggravate da una scelta errata nella localizzazione dei reattori davanti all’oceano. Scelta dettata perlopiù dal timore di attacchi missilistici da parte di Cina, Unione Sovietica e Corea del Sud.

L’autore individua sei peccati originali: minimizzazione del rischio sismico in un paese geologicamente predisposto; sottostima del rischio tsunami nella costruzione di un muro di protezione a mare alto soli 5,7 metri; abbassamento dei livelli della costa da 34 a 10 metri per facilitare il pompaggio dell’acqua; design del reattore inadeguato; il vessel, la parete del cilindro del reattore, palesemente deformato; sistemi di emergenza inadeguati a fronteggiare uno tsunami e, infine, generatori di emergenza e quadri elettrici montati all’esterno del reattore.

Fin qui l’analisi dei fatti. Seguono le riflessioni dell’autore su questioni ancora aperte: dov’è andata a finire tutta l’acqua radioattiva utilizzata per raffreddare i reattori? Qual è il livello di contaminazione dei suoli, dell’ambiente atmosferico e marino? Quanto tempo ci vorrà per valutare con esattezza la dose di radiazioni assorbita dalla popolazione?

E, per concludere, uno sguardo al mondo dopo Fukushima. Chi pensava che l’incidente avrebbe condizionato le politiche energetiche giapponesi e provocato un effetto domino mondiale, è fuori strada. Il Giappone, dopo un timido iniziale dietrofront, sta tornando sui suoi passi. Naoto Kan, primo ministro giapponese ai tempi della tragedia, ad agosto aveva dichiarato un addio progressivo al nucleare. Ma le ragioni dell’industria e gli elevati costi del decommissioning hanno prevalso, e il nuovo premier ha fatto marcia indietro. Il Sol Levante non abbandona l’atomo. E come si comportano gli altri paesi? Stop di Germania e Italia, altri vanno avanti con cautela, ma c’è anche chi, come la Cina, decide di investire proprio sul nucleare e mette in cantiere la costruzione di 40 nuove centrali entro il 2020.

E’ lecito domandarsi se la scelta sia conveniente. A tirar le somme, secondo Farruggia, se l’incidente di Fukushima costerà davvero oltre 200 miliardi di dollari, sarebbe forse meglio dirottare le risorse economiche verso lo sviluppo delle rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica.

4 Commenti

  1. il disastro nucleare di fukushima non è ancora finito, anzi, come si sa ormai da tempo, le radiazioni colpiscono a distanza e quindi il bilancio non si potrà fare se non tra 10 anni.

    spero, come tanti sostengono, che possa essere un bilancio inferiore a quello di chernobyl in quanto a danni, anche se dal punto di vista dello spettacolarità, a fukushima se ne sono viste delle belle, altro che a chernobyl: 3 esplosioni dei reattori (di idrogeno?), 3 melt-down del core (melt-through?) e molto altro.

  2. “se l’incidente di Fukushima costerà davvero oltre 200 miliardi di dollari, sarebbe forse meglio dirottare le risorse economiche verso lo sviluppo delle rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica”

    ehmm.. Vorrei far notare che è la stessa cifra che l’Italia butterà nei prossimi 20 anni per il solo fotovoltaico finora installato.. Con la differenza che i nostri pannellini produrranno una frazione miserrima dell’energia che il Giappone produce con il nucleare.

  3. Caro LB, scusami ma i dati sono dati. Non ci sto che qualcuno li modifichi, in stile politichese, per cercar di giustificare il nucleare denigrando le rinnovabili.
    Punto 1: Gli Italiani pagano 7 miliardi di euro all’anno per 20 miliardi di kWh all’anno da fonte fotovoltaica (20TWh/anno)
    Punto 2: 7 miliardi x 20 anni = 140 miliardi di euro
    Punto 3: 435 reattori nucleari nel mondo forniscono un energia di 2.630 TWh/anno. Circa 6TWh/anno a reattore (Fonte http://it.wikipedia.org/wiki/Energia_nucleare_nel_mondo, oppure http://www.iea.org/stats/prodresult.asp?PRODUCT=Electricity/Heat)
    Conclusioni:
    a) Il fotovoltaico Italiano produce piu’ energia di 3 reattori nucleari;
    b) Il costo del FV e’ inferiore ai DANNI di 3 reattori che vanno in melt-Down;
    c) Il FV genera esternalità positive in termini occupazionali, di ambiante e quindi di salute con ripercussioni anche sulla sanità.
    d) Non e’ dato sapere cosa costa un reattore nucleare se si considerano i costi di decommissioning. Gli unici noti, ma mancanti dei costi del decadimento e custodia delle scorie, sono questi:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Smantellamento_degli_impianti_nucleari

    Se hai dati

  4. Hai perfettamente ragione: i dati sono dati. Quindi cominciamo.
    200 Miliardi di dollari al cambio attuale sono 157 miliardi di Euro da confrontare con i 140 di incentivi per il fotovoltaico. Quindi è vero, i costi dell’incidente sono di un 10% maggiore di quelli del fotovoltaico, ma onestamente non mi sembra neanche una differenza così marcata da dover parlare di “politichese”.
    I reattori giapponesi sono in larga parte molto vecchi e quindi sia poco potenti sia utilizzabili con fattori di carico molto bassi (complici probabilmente i frequenti terremoti). Un Epr ( http://it.wikipedia.org/wiki/Reattore_nucleare_europeo_ad_acqua_pressurizzata#Caratteristiche_del_progetto ) da 1600 MW e supponedo un fattore di carico dell 85% pruduce 12 TWh/anno. Da paragonare ai 20 TWh/anno del fotovoltaico (che comunque mi sembra un valore eccessivo, dato che corrisponderebbe ad una potenza installata di 16 GWp quando a gennaio eravamo a 12, ma non dispongo di dati aggiornati, quindi te lo passo).
    Quindi seguendo le tue conclusioni:
    a)Il fotovoltaico italiano produce come un reattore e mezzo moderno.
    b)Il costo del FV e’ inferiore di solo il 10% ai danni di 3 reattori che vanno in melt-Down e che, per la cronaca, hanno prodotto quasi 900 TWh nel corso dei loro 40 anni di funzionamento ( http://en.wikipedia.org/wiki/Fukushima_Daiichi_Nuclear_Power_Plant ).
    c)Le esternalità positive occupazionali sono generate principalmente in Cina dove i pannelli sono prodotti e solo il montaggio le genera in Italia, ma questo varrebbe per qualsiasi opera, non solo per l’installazione degli stessi. Per le esternalità ambientali e sanitarie il nucleare è tranquillamente paragonabile al fotovoltaico, in certi casi pure migliore ( http://heartland.org/sites/all/modules/custom/heartland_migration/files/pdfs/14115.pdf o anche http://www.oecd-nea.org/ndd/reports/2002/nea3676-externalities.pdf ).
    d)I costi di smantellamento sono indicati nella pagina da te linkata e per i reattori ad acqua (sia leggera sia pesante) sono normalmente inferiori ai 500 Euro/kWe e sono più alti solo per quelli raffreddati a gas, ma che sono pochissimo diffusi. Nella versione inglese di wiki trovi dati ancora più approfonditi ( http://en.wikipedia.org/wiki/Nuclear_decommissioning ). Per lo stoccaggio delle scorie il progetto al momento più avanzato è quello di Onkalo in Finlandia, i cui costi totali sono stimati in circa 3 miliardi di Euro per le scorie accumulute in più di un secolo di funzionamento dei reattori ( http://www.posiva.fi/en/final_disposal/total_costs_and_funding_for_final_disposal ), quindi con un incidenza sul costo dell’elettricità ben inferiore ad un centesimo al kWh.

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