69 megajoule di energia in 5 secondi – che possono essere tantissimi o pochissimi, e tra poco sarà chiaro il perché – usando appena 0,2 milligrammi di combustibile, una miscela di deuterio e trizio. È il risultato record appena annunciato dai ricercatori del consorzio EUROfusion, ottenuto nell’impianto Jet di Oxford. L’ultimo, probabilmente, perché Jet sta per andare in pensione e lasciare la scena al suo successore, Iter. Ma anche questo lo vedremo tra poco: andiamo con ordine. La notizia appena divulgata rappresenta un nuovo passo in avanti nella lunghissima maratona che ha per traguardo la produzione di energia tramite il processo di fusione nucleare, quello che ci piace di più perché, a differenza della fissione, non genera scorie, è meno rischiosa e richiede materie prime più disponibili e meno inquinanti. Un traguardo ambiziosissimo verso il quale, come è facile immaginare, stanno correndo diversi gruppi di ricerca nel mondo, ciascuno con la speranza di tagliarlo per primo. Nelle prime posizioni troviamo due grandi collaborazioni: il consorzio EUROfusion, per l’appunto, che riunisce circa 5mila esperti di tutta Europa ed è co-finanziata dalla Commissione europea, con l’impianto Joint European Torus (Jet) di Oxford, nel Regno Unito, e gli scienziati della National Ignition Facility, che lavorano al Lawrence Livermore National Laboratory, in California. Oggi la volata è toccata agli europei.
Cosa significa e perché è così importante
Il record appena raggiunto (il precedente, stabilito dallo stesso consorzio a febbraio 2022, era di 59 megajoule di energia) rappresenta una pietra miliare importantissima nel campo della scienza della fusione nucleare, che dimostra che in linea di principio è possibile produrre energia da fusione in modo affidabile e sicuro. Che si può fare, insomma. “Ora siamo in grado di produrre plasma di fusione usando la stessa miscela che sarà usata negli impianti del futuro”, ha dichiarato Fernanda Rimini, senior explotation manager di Jet. “La nostra dimostrazione, validata da un nuovo record di produzione energetica – le ha fatto eco Ambrogio Fasoli, Ceo di EUROfusion – ci instilla una grande fiducia nella possibilità di sviluppare energia di fusione. Oltre all’aver stabilito un nuovo primato, pensiamo di essere riusciti a raggiungere obiettivi mai raggiunti finora”. Spianando la strada, come accennavamo, per i successori di Jet, che si chiamano Iter e Demo: “Durante tutto il suo ciclo di vita – ha dichiarato Pietro Barabaschi, direttore generale di Iter – Jet è stato incredibilmente utile come precursore di Iter: nel test dei nuovi materiali, nello sviluppo di componenti innovativi, nella produzione di dati scientifici dalla fusione di trizio e deuterio. I risultati appena ottenuti avranno un effetto diretto su Iter, consentendoci di muoverci più in fretta verso i nostri obiettivi”.
Piccolo riassunto: cos’è la fusione nucleare
La fusione nucleare, come suggerisce il nome, è il processo che avviene quando due (o più) nuclei atomici si combinano insieme per formare un atomo più grande e pesante. L’atomo risultante dalla fusione ha una massa leggermente minore rispetto alla somma degli atomi di partenza, e questa differenza di massa, durante il processo, si trasforma in energia (in accordo con la famosa equazione di Einstein E=mc2, che sancisce l’equivalenza tra massa ed energia). La fusione nucleare avviene molto frequentemente in natura, anche se piuttosto lontano da noi: è infatti proprio tramite la fusione nucleare che le stelle producono energia, fondendo tra loro i nuclei di idrogeno per formare atomi di elio (e poi atomi sempre più pesanti, man mano che si “esaurisce” la riserva di idrogeno durante il ciclo di vita della stella).
Il problema è che i nuclei degli atomi sono composti di protoni e neutroni, cioè particelle, rispettivamente, dotate di carica positiva e senza carica. E, dal momento che tra particelle dotate della stessa carica la forza elettrica è di tipo repulsivo, i nuclei atomici tendono ad allontanarsi l’uno dall’altro: perché si fondano, è necessario vincere questa forza repulsiva. Nelle stelle il processo avviene facilmente a causa della loro enorme massa, che genera potentissime forze gravitazionali in grado di esercitare pressioni estreme sui nuclei atomici, e della loro altissima temperatura.
Ma sulla Terra, a pressioni e temperature “umane”, fondere i nuclei atomici è molto più difficile – si tratta, in sostanza, di “replicare” una stella in laboratorio. Lo stato della materia caratteristico delle reazioni di fusione nucleare è il cosiddetto plasma, una specie di gas caldissimo ed elettricamente carico composto di ioni positivi ed elettroni che vi si muovono liberamente. Il plasma è molto difficile da produrre e controllare in laboratorio, perché deve essere scaldato ad altissime temperature ed è soggetto a diversi tipi di instabilità (si raffredda e si disgrega molto facilmente e molto rapidamente)
Due precisazioni: uno, la fusione di cui abbiamo appena parlato non va confusa con il fenomeno che sta all’estremo opposto dello spettro, ossia la fissione nucleare (quello che sta alla base del funzionamento di tutti i reattori attualmente utilizzati per la produzione di energia): in quel caso, si parte da nuclei molto pesanti (e anche, ahinoi, molto radioattivi) e li si “rompe” in nuclei più leggeri, raccogliendo l’energia che si libera nel processo. Rispetto alla fissione, la fusione produce più energia e soprattutto non coinvolge elementi radioattivi, il che la rende, almeno in teoria, molto più efficiente e pulita. Due, non va confusa neppure con la cosiddetta fusione fredda, che è invece il tentativo (al momento ancora infruttuoso, sebbene qualcuno abbia asserito di esserci riuscito) di realizzare la fusione nucleare a temperatura ambiente.
Come funziona l’impianto Jet…
Gli approcci per riuscire a ottenere la fusione nucleare sono diversi. Uno di questi è il cosiddetto confinamento magnetico, il cui principio è quello di cercare di mantenere lo stato di plasma usando dei magneti, e quindi di riscaldarlo con una combinazione di microonde, onde radio e fasci di particelle. I reattori che utilizzano questo approccio, tra cui Jet, sono i cosiddetti tokamak, macchine a forma di ciambella inventate in Unione Sovietica all’inizio degli anni Cinquanta. Jet, in particolare, è l’unico tokamak al mondo in grado di operare con una miscela di combustibile detta Dte3, composta di due isotopi dell’idrogeno, il deuterio e il trizio. I progettisti sostengono che questa miscela, a differenza di quella usata da molti altri tokamak, a base di idrogeno o deuterio, sia quella che più si avvicina alle condizioni di una vera centrale a fusione – ossia a un impianto in grado non solo di avviare la reazione, ma di produrre e distribuire effettivamente energia elettrica. L’Italia ha contribuito in modo molto significativo alla realizzazione e agli esperimenti di Jet: sono stati coinvolti, in particolare, l’Enea, il Cnr, il Consorzio Rfx e diverse università, che hanno costruito numerosi sistemi diagnostici e hanno partecipato alle campagne sperimentali con attività di misura e analisi dati.
…e quello della National Ignition Facility
Il reattore della National Ignition sfrutta un approccio leggermente diverso, quella del cosiddetto confinamento inerziale. L’obiettivo è lo stesso: forzare dei nuclei atomici a fondersi tra loro e riuscire a ricavarne più energia di quella necessaria a vincere la forza con cui si respingono. Nel caso del confinamento inerziale, i fisici dell’impianto americano usano 192 raggi laser ad altissima energia per colpire una sfera di deuterio e trizio allo stato solido grande quanto un grano di pepe. In questo modo la sfera inizia a comprimersi e scaldarsi fino al punto in cui si innesca la fusione – circa 3 milioni di gradi – e a quel punto, finalmente, si ottiene l’emissione di energia portata dai neutroni dei nuclei.
I risultati precedenti
Come vi abbiamo raccontato, i risultati raggiunti finora – sia da Jet che dalla National Ignition Facility, ma non solo – sono molto incoraggianti. A dicembre 2022, gli americani hanno annunciato di essere riusciti a raggiungere la cosiddetta ignizione di fusione, ossia di aver superato la fatidica soglia in cui l’energia prodotta è maggiore rispetto a quella immessa per innescare il processo di reazione. E pochi giorni fa (forse non a caso, in vista dell’annuncio dei diretti concorrenti) un articolo pubblicato su Physics ha raccontato tutti i dettagli dell’esperimento, confermando che “la dimostrazione [della fattibilità del processo, nda] e la tecnologia necessaria a ottenerla hanno ora completato il processo di revisione dei pari”.
Nel febbraio 2022, dal canto loro, anche i responsabili di Jet avevano dichiarato di aver raggiunto un risultato storico nel campo, annunciando di essere riusciti a produrre 59 megajoul di energia, un record assoluto, portando il plasma alla temperatura di circa 150 milioni di gradi centigradi, dieci volte maggiore di quella del centro del Sole, e mantenendolo stabile per cinque secondi, il che equivale a una potenza di circa 11 megawatt. Un risultato che, ci aveva spiegato allora Paola Batistoni, responsabile della Sezione sviluppo della fusione per l’Enea, “rappresenta il limite superiore di funzionamento di Jet, e che ci conferma che tutto ha funzionato bene”. E pochi mesi fa, a novembre 2023, era stata dichiarata ufficialmente chiusa con successo la terza e ultima campagna sperimentale in deuterio e trizio, che aveva “confermato le conoscenze acquisite nelle passate campagne, portato a un progresso significativo nella gestione del trizio e fornito informazioni importanti sull’effetto nei neutroni sui sistemi di raffreddamento e sull’elettronica, una conoscenza essenziale per progettare future centrali a fusione sicure ed efficienti”.
Oltre Jet: Iter
Al netto di questi strabilianti risultati, Jet comincia a mostrare le prime rughe, e si appresta a passare la mano. Il suo successore è un progetto ancora più grande, il cosiddetto Iter, con sede nel sud della Francia e a cui partecipano, oltre all’Unione europea, anche India, Giappone, Corea del Sud, Russia e Stati Uniti, che ha l’obiettivo di consolidare ulteriormente la fattibilità pratica della fusione nucleare come sorgente per la produzione di energia su larga scala. Come vi avevamo raccontato a gennaio scorso, ingegneri e tecnici sono già al lavoro per montare i generatori di energia che alimenteranno una componente paragonabile al forno a microonde più grande al mondo: si tratta del cosiddetto Electron Cyclotron Resonance Heating, che produrrà 20 milioni di watt di potenza per scaldare il plasma contenuto in una camera toroidale distante circa cento metri. E questa volta si dovrebbe fare sul serio: se Jet e la National Ignition Facility avevano sostanzialmente come obiettivo quello di testare le tecnologie e i modelli teorici, Iter sarà un reattore vero e proprio. “In California – aveva detto Batistoni nell’occasione – si è badato a ottenere un risultato scientifico, mentre Iter sarà già un reattore sperimentale che oltre a conseguire un test scientifico servirà anche per definire la fattibilità tecnologica, superando la dimensione del laboratorio. Iter non sarà solo un tokamak, una camera toroidale a forma di ciambella con spire magnetiche come le macchine sperimentali fin qui utilizzate, ma verrà già equipaggiato di tutti i sistemi necessari, per esempio avrà già i magneti superconduttori, un divertore e componenti per l’autosufficienza del trizio che un domani potremo utilizzare nel reattore per la produzione di energia a usi civili da immettere in rete. Le tecnologie per creare alcune di queste componenti mancano ancora, ma ci stiamo lavorando in parallelo”. La strada è ancora lunga, ma in buona parte già tracciata.
Via: Wired.it
Credits immagine: UKAEA