La fusione nucleare accende il sole e le altre stelle, è la fabbrica di tutti gli elementi chimici più pesanti dell’idrogeno e produce così tanta energia da riuscire a contrastare il peso gravitazionale di stelle quasi cento volte più massicce del Sole. È il metodo più antico che la natura conosca per produrre energia. Eppure, finora per l’uomo è stato impossibile da replicare. Fino ad oggi: il Dipartimento dell’energia statunitense ha dichiarato in una conferenza stampa una svolta nella produzione di energia tramite fusione nucleare. Il 5 dicembre 2022, per la prima volta nella storia di questi esperimenti, gli scienziati della National Ignition Facility nei Lawrence Livermore National Laboratory, in California, hanno prodotto una reazione di fusione che ha liberato più energia di quanta ne sia servita per innescarla.
Come funziona la fusione
Lo dice la parola stessa: si tratta di un processo in cui due nuclei più leggeri si fondono a formare il nucleo di un elemento più pesante, liberando energia. E accade proprio questo, nel cuore delle stelle. Si parte dai due nuclei più semplici esistenti, quelli di idrogeno (o deuterio, o trizio) che si uniscono a formare un nucleo di elio. I conti però, se confrontiamo la somma delle masse degli atomi in entrata con quello in uscita, non tornano, perché un nucleo di elio pesa meno di due nuclei di idrogeno. Ecco come si libera l’energia: il disavanzo di massa, seguendo una delle equazioni più famose del mondo E=mc2, viene convertito in energia, in radiazione. Quanta? Un’enormità, visto che il fattore di conversione è la velocità della luce al quadrato (che vale circa novanta miliardi). Basta una differenza minima in massa per produrre una quantità di energia enorme, tale appunto da sostenere il peso di una stella.
La fusione a confinamento inerziale
L’efficienza del processo in natura, dicevamo, è garantita. Il problema nel cercare di riprodurlo in laboratorio, invece, da un lato è mettere in piedi un esperimento in regime controllato, dall’altro riuscire a produrre più energia di quella che occorre per vincere la forza con cui si respingono i nuclei e indurli alla fusione. Il tutto, non avendo a disposizione una centrale efficiente come una stella. Come hanno fatto, dunque? Alla National Ignition Facility (Nif), innanzitutto, anziché usare l’idrogeno hanno usato deuterio e trizio, due isotopi il cui nucleo è formato, rispettivamente, da un protone e un neutrone oppure da un protone e due neutroni. La fusione fra questi richiede un po’ meno energia rispetto all’idrogeno. Per innescare la reazione, poi, hanno utilizzato 192 raggi laser ad altissima energia per colpire una sfera di deuterio e trizio allo stato solido grande quanto un grano di pepe, una tecnica chiamata fusione a confinamento inerziale. Quello che è accaduto, a questo punto e per pochi istanti, è simile quanto avviene nelle stelle: la sfera ha iniziato a comprimersi e a scaldarsi fino al punto in cui si è innescata la fusione, circa 3 milioni di gradi, i nuclei si sono fusi e sono stati liberati neutroni che trasportano energia. Il gioco è fatto: a fronte dei circa 2 megajoule di energia laser i neutroni prodotti hanno generato circa 3 megajoule di energia, con un guadagno energetico di 1.5.
Record mondiale per la fusione nucleare
Energia per il futuro?
La speranza, ovviamente, è che questi esperimenti siano l’apriporta giusto per riuscire a rendere la fusione un nuovo metodo di produzione di energia pulita. Rispetto alla fissione, il processo contrario in cui si libera energia rompendo nuclei pesanti, la fusione è più green sia perché i prodotti di scarto sono più facili da gestire delle scorie radioattive, sia perché per partire necessita di isotopi dell’idrogeno come deuterio e trizio, più semplici da reperire e da gestire rispetto all’uranio. Il risultato presentato oggi, però, non è che l’inizio del percorso. Se anche il bilancio fra energia immessa nel sistema (cioè quella dei laser) ed energia prodotta è in favore di quest’ultima, l’energia totale necessaria a mettere in piedi l’esperimento e a farlo funzionare è ancora troppo alta e il sistema rimane energivoro. Per pensare davvero di produrre energia in questo modo, in futuro, bisognerà prima di tutto lavorare su questo. Secondo quanto affermato durante la conferenza, occorreranno alcune decine di anni di ricerca prima che questo metodo possa essere scalato e impiegato a livello commerciale per produrre energia. Uno sforzo fondamentale per la produzione di energia in futuro che richiederà la collaborazione fra privati e ricerca pubblica.
Via: Wired.it