Il paradosso del gatto di Schrödinger è e resterà un esperimento teorico che nasce dall’esigenza di mostrare (anche) che la meccanica quantistica applicata alla realtà macroscopica non può funzionare. La meccanica quantistica, infatti, descrive soltanto il mondo sub-microscopico di atomi e particelle. Secondo la quantistica un sistema fisico vive in una sovrapposizione di stati differenti (ad esempio luoghi diversi) fino a quando non si effettua un’osservazione, una misura. Questa legge non può valere nella realtà e lo racconta chiaramente il paradosso del gatto di Schrödinger. In un esperimento puramente teorico, l’animale, chiuso in una scatola con una macchina mortale che può riuscire a ucciderlo, è in una sovrapposizione degli stati vita e morte ed è sia vivo sia morto fino a quando non si apre la scatola.
Oggi un gruppo di scienziati, in buona parte italiani, ha indagato ancora più a fondo il confine fra meccanica quantistica e realtà macroscopica. E ha cercato di capire quando le leggi dell’una non sono più valide nell’altra. I risultati sono pubblicati su Nature Physics. Lo studio, del tutto teorico, potrà essere utile anche per future applicazioni dei computer quantistici.
Dal gatto di Schrödinger allo studio
I ricercatori sono partiti dalla teoria dei fisici Roger Penrose e Lajos Diósi, padri dell’omonimo modello Diósi-Penrose sviluppato alla fine degli anni ’80. Secondo i fisici nel passaggio da quantistica a realtà macroscopica la sovrapposizione degli stati diventa instabile e decade, dunque collassa per effetti correlati alla gravità. Questo avviene in un tempo che Penrose stima essere tanto più breve quanto più l’oggetto studiato è di grandi dimensioni.
Dalla teoria alla pratica
Oggi gli scienziati hanno ripreso in mano il modello e hanno voluto testarlo sperimentalmente. L’obiettivo era scoprire cosa succede nel passaggio da sub-microscopico a macroscopico. Dato che è impossibile applicare le leggi della quantistica ad oggetti macroscopici gli autori hanno affrontato il problema in maniera indiretta. Un’escamotage c’è. Nel modello di Diósi-Penrose, infatti, durante il collasso si prevede che la materia e tutte le particelle (dunque anche sistemi sub-microscopici) siano soggetti a un tremolio di fondo nel loro moto. Nel caso degli elettroni e dei protoni questo tremolio si accompagna all’emissione di una caratteristica, seppur debole, radiazione elettromagnetica.
I ricercatori, guidati da Angelo Bassi dell’Università di Trieste, hanno misurato questa radiazione attraverso lo studio del comportamento di protoni all’interno di un rivelatore di particelle a germanio puro. In questo modo, hanno misurato la radiazione elettromagnetica – i fotoni prodotti – associata ai movimenti delle particelle, in quello che dovrebbe essere appunto il famoso tremolio.
Dall’indagine è emerso che c’è un potenziale segnale – la radiazione elettromagnetica – associato a questo fenomeno, sì, ma questo segnale risulta 1.000 volte più basso di quanto previsto dal modello teorico di Diósi e Penrose, che viene così modificato dagli scienziati. Pertanto, spiegano i ricercatori, per la prima volta la misura di oggi stabilisce un nuovo limite in questo tipo di studi.
Gatto di Schrödinger, verso un nuovo limite
La ricerca del confine fra quantistica e realtà va avanti e l’obiettivo è capire cioè fino a quali dimensioni e scade di grandezza la quantistica può ancora descrivere la materia e il mondo come lo conosciamo. Questo studio non è soltanto speculativo ma potrebbe in futuro essere utile anche per studiare applicazioni pratiche come computer e altre tecnologie quantistiche. Ora il team intende lavorare su modelli più sofisticati, aprendo dunque un nuovo campo di ricerca nello studio fra la gravità e la meccanica quantistica. E definire e motivare i limiti della quantistica applicata alle leggi del mondo macroscopico. E dunque il perché l’esperimento teorico del gatto di Schrödinger non può esistere nella realtà.
Riferimenti: Nature Physics