C’erano una volta il gatto e la volpe, i due famosi animali immaginari nel romanzo di Pinocchio di Carlo Collodi, ripresi più volte dalla letteratura e dal cinema. Oggi questi due personaggi di fantasia potrebbero in qualche modo esistere davvero. O meglio, nella vegetazione della foresta della Corsica del nord è appena stato scoperto un gatto selvatico che possiede tratti sia del gatto che della volpe. E che, per questo, potrebbe appartenere a una nuova specie, chiamata dagli specialisti gatto volpe – o meglio Ghjattu volpe in lingua corsa. A darne notizia è l’agenzia di stampa francese Afp, che pubblica sulla sua pagina le foto dell’animale, simile a un gatto tigrato con sfumature di colore rossastro. Qui l’immagine del nuovo esemplare.
Corsica's 'cat-fox': On the trail of what may be a new specieshttps://t.co/NbCjIcSGez pic.twitter.com/wl4g7kZFyw
— AFP news agency (@AFP) June 19, 2019
A trovare la possibile nuova specie del gatto 20volpe sono due ranger della foresta di Asco, in Corsica, che lavorano all’Office Nationale Chasse Faune Sauvage (Oncfs). “In un territorio di oltre 25mila ettari abbiamo rintracciato circa 16 individui”, ha spiegato a Afp Pierre Benedetti, capo tecnico ambientale dell’Oncfs, “siamo sicuri che non sia un gatto domestico o un gatto selvatico europeo. Le sue caratteristiche e il suo dna sono differenti”.
Lunghi e leggendari
In effetti, nonostante le somiglianze con i gatti che conosciamo, questo esemplare ha delle peculiarità probabilmente inedite. La lunghezza del gatto volpe (inclusa la coda) misura 90 centimetri, ha orecchie molto larghe e denti affilati. “Sono le sue dimensioni e la coda – prosegue Benedetti – che gli hanno fatto guadagnare il nome di gatto volpe”.
VIDEO: A cat? A fox? A cat-fox?
— AFP news agency (@AFP) June 14, 2019
In Corsica's Asco forest, two agents of the National Hunting and Wildlife Office (ONCFS) show @AFP what they think is a new feline species pic.twitter.com/oHjzgmVXIf
Altre caratteristiche distintive sono i baffi corti, le strisce sulle zampe anteriori, cosce e zampe posteriori scure e una pancia color marrone ruggine. Insomma, sembrerebbe somigliare un po’ a un gatto e un po’ a una volpe. Ma in realtà il nome gatto volpe trae origine da antiche leggende di pastori. “Il gatto volpe è parte della nostra mitologia pastorale”, sottolinea Carlu-Antone Cecchini, agente dell’Oncfs, che racconta come i pastori tramandassero storie su questo gatto della foresta, ad esempio il fatto che si attaccavano alle mammelle di capre e pecore, come veri gatti da pastore.
Lo studio
Il lavoro dei ricercatori è cominciato nel 2008, quando è partito un programma di ricerca condotto da Benedetti. Lo studio vero e proprio dei gatti della foresta corsa è iniziato nel 2012. Nel 2016 i ricercatori sono riusciti a avvicinare un gatto volpe (che ancora non sapevano potessero appartenere a questa nuova specie) e a analizzare alcuni campioni lasciati dall’animale. I ricercatori hanno utilizzato un sistema di richiamo molto potente: un profumo attraente per il gatto insieme a un bastoncino di legno contro cui i felini si strusciano lasciando peli che possono essere analizzati per studiare il dna.
Gli esperti sono riusciti ad avvicinare e tenere 12 dei 16 gatti e raccogliere dei campioni genetici. Questi campioni mostrano la presenza di un dna diverso da alcune delle principali specie di gatto selvatico, un elemento che fa propendere verso l’individuazione di una nuova specie. “Osservando il suo dna, potremmo distinguerlo dal gatto selvatico europeo, il felis silvestris silvestris”, rimarca Benedetti. “È vicino al gatto selvatico africano, il felis silvestris lybica, ma la sua identità esatta deve ancora essere determinata”. Se il risultato fosse confermato, questo esemplare potrebbe appartenere a una nuova specie.
Inoltre, i gatti sono stati fotografati e il loro comportamento è stato analizzato anche attraverso un tag (un chip) elettronico che permette di sapere dove si trovano, come un gps. Tuttavia restano ancora alcuni misteri sulla vita del gatto volpe: per esempio mancano ancora conoscenze sulla sua dieta e sulla sua vita riproduttiva. L’ipotesi di Benedetti è che questi gatti siano stati portati da antichi allevatori, intorno al 6.500 a.C. “Se quest’ipotesi sarà verificata – aggiunge l’esperto – potrebbero venire dal Medio Oriente”.
Via: Wired.it
Leggi anche su Galileo: È vero: i gatti rispondono quando li chiamiamo per nome