Quando si tratta di testamento biologico gli italiani dimostrano di aver studiato: l’84 per cento sa definire in maniera esatta le disposizioni anticipate in merito ai trattamenti sanitari a cui si accetta di essere sottoposti o meno in caso non si sia in grado di esprimere il proprio parere una volta contratta la malattia. Lo ha rivelato oggi il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, in una conferenza stampa tenutasi al Senato, dova ha svelato in anticipo i dati relativi a testamento biologico, accanimento terapeutico ed eutanasia contenuti nel Rapporto Italia 2007 redatto dall’istituto di studi.
L’indagine, svolta attraverso interviste dirette a cavallo fra novembre e dicembre 2006, fa registrare anche il parere favorevole degli italiani al recente disegno di legge sull’introduzione del testamento biologico da parte del 74,7 per cento del campione, quasi tre persone su quattro. Proprio seguendo il testo depositato in Commissione Igiene e Sanità da Ignazio Marino e Anna Finocchiaro, l’Eurispes ha chiesto agli intervistati di esprimersi sulla figura del fiduciario, la persona a cui spetterebbe il compito di verificare che quanto in precedenza firmato nel testamento biologico venga correttamente interpretato e attuato. Gli italiani chi vorrebbero fosse il fiduciario? Per l’86,3 per cento deve essere una persona cara, un parente o un amico con cui si è condivisa una lunga parte della vita.
Quando si parla di accanimento terapeutico, invece, le idee sono più confuse: solo il 41 per cento lo ha saputo definire correttamente. Infine, come ha fatto a partire già dal 1987, l’Eurispes ha chiesto agli intervistati un parere sull’eutanasia. Registrando, da venti anni a questa parte, una tendenza inequivocabile in favore di questa pratica: quasi sette italiani su dieci (68 per cento) si sono infatti dichiarati a favore, con un aumento del 26 per cento rispetto all’anno scorso. “Un dato che si spiega in parte con la concomitanza delle nostre interviste e il caso Welby”, ha spiegato Fara. E anche con la domanda posta, in qualche modo vaga, che non definiva l’eutanasia come atto attivo. “In questo caso c’è un po’ di confusione: la stragrande maggioranza degli italiani identifica l’eutanasia con la sospensione delle cure, con il famoso ‘staccare la spina’”, conclude Fara. (l.g.)