L’eco di Fukushima aleggia ancora nell’aria, ma ora l’attenzione si è spostata sul Vecchio Continente. In Europa ci sono 145 reattori nucleari, divisi sul territorio di 17 paesi, e non è ben chiaro quale sia il loro stato di salute generale. Scoprirlo è compito dell’European Nuclear Safety Regulators Group (Ensreg), l’ente comunitario che rappresenta le autorità nazionali in materia di sicurezza nucleare. Il suo incarico consiste nel condurre una serie di stress test nelle centrali atomiche.
Il responso dell’Ensreg sullo stato dei reattori europei è stato positivo in quasi tutti i casi, tranne per quanto riguarda la valutazione del rischio legata a eventi estremi come terremoti, inondazioni e allerta meteo. Tuttavia, i dati ufficiali diffusi nel 2012 sono stati contestati più di una volta da Greenpeace, che avrebbe individuato alcuni rischi concreti, compresa la presenza di due impianti che potrebbero creare disagi anche in Italia.
Nel maggio 2012 Greenpeace ha commissionato una analisi dei risultati presentati da Ensreg a Oda Becker, una consulente scientifica di Hannover. L’obiettivo di Becker era quello di individuare le falle in 10 dei 17 piani nazionali (NacP) avanzati da altrettanti paesi comunitari per fronteggiare le criticità espresse dall’ente europeo.
Secondo Greenpeace, alcuni siti critici sarebbero stati individuati in Belgio, Francia, Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito. L’Italia – che non ospita centrali nucleari in funzione – correrebbe dei rischi diretti se si verificassero degli incidenti negli impianti limitrofi di Krsko (in un’area sismicamente attiva, in Slovenia) e Muleberg (in Svizzera, in una zona sismica e soggetta a inondazioni e per Greenpeace senza un adeguato sistema di raffreddamento). Inoltre, il nostro paese è coinvolto anche nella gestione della centrale di Mochovche, in Slovacchia, anch’essa soggetta a rischi sismici fino a quando non verranno implementati opportune protezioni.
Le critiche mosse in passato da Greenpeace riguardano anche le modalità con cui sono stati condotti gli stress test pianificati dall’Ensreg. Tra tutti gli enti regolatori in materia di sicurezza nucleare (per l’Italia i responsabili sono l’Ispra e il Ministero dello sviluppo economico), alcuni non avrebbero considerato a pieno le conseguenze dovute all’invecchiamento degli impianti e al verificarsi di eventi catastrofici.
In poche parole, gli stress test europei potrebbero rivelarsi solo degli adempimenti di natura burocratica in materia di sicurezza nucleare. Testare in modo efficace la sicurezza di 145 reattori non è facile – come non lo è stato in Giappone (vedi Galileo: Fukushima, gli stress test sono davvero efficaci?) – e i tempi di adeguamento potrebbero rivelarsi eccessivamente lunghi. Adesso, tutti gli occhi sono puntati sulla conferenza dell’Ensreg che si terrà a Bruxelles l’11 e 12 giugno 2013.
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