Le tante teorie filosofiche sulla scienza che si sono succedute, alternate, sovrapposte e contrapposte nell’ultimo secolo, vengono qui presentate criticamente da Peter Godfrey-Smith, docente di Storia e Filosofia della scienza all‘Università di Sydney. Che nel libro esprime anche, per ciascuna di queste, le sue opinioni e le sue considerazioni, positive o negative che siano.
La filosofia tenta di dare una immagine complessiva di come è fatto il mondo e di come noi ci adattiamo ad esso, l’epistemologia cerca di capire come noi comprendiamo il mondo ponendo delle relazioni tra il senso comune con cui quotidianamente ci rapportiamo al nostro intorno e la descrizione scientifica della conoscenza. Differenti teorie sono evolute nel tempo, in parte accettate e in parte messe in discussione, sono stati dati e cambiati giudizi di valore e sono cambiati gli stessi criteri su cui venivano fondati i giudizi. Certamente è cambiata anche l‘immagine della scienza: anche se Godfrey-Smith non affronta direttamente questo aspetto, sembra difficile attualizzare le congetture e confutazioni di Karl Popper, la rivoluzione Kuniana, o le critiche all’empirismo di Feyerabend nel sistema scientifico attuale, ultra competitivo, miliardario, tecnologicamente aggressivo e costruito attraverso strumentazioni inimmaginabili anche soltanto cinquant’anni fa.
Peter Godfrey-Smith
Teoria e realtà. Introduzione alla filosofia della scienza.
Raffaello Cortina Editore, 2022
Pp 428, € 29,00
Certo, ai suoi tempi Bruno Latour aveva pensato di passare del tempo in un laboratorio e osservare gli scienziati al lavoro con la stessa attenzione con cui gli etologi osservavano le loro cavie: penso che se Latour ripetesse oggi questa esperienza, difficilmente riuscirebbe a rendersi conto del significato e della rilevanza di quello che pure vedrebbe accadere sotto i suoi occhi. Sono cambiate, mi sembra, sia le domande che la scienza può fare alla filosofia sia il livello di risposte della filosofia stessa. Per esempio, fino al secolo scorso, l’evidenza empirista veniva tradizionalmente fondata sul susseguirsi di impressioni o sensazioni singole, e le possibilità di conoscenza erano limitate a quello che era possibile osservare: un patrimonio di osservazioni facilmente accessibili permetteva agli empiristi di raggiungere concettualmente un ipotetico mondo ulteriore, problematico e “misterioso”, in cui si elaboravano teorie interpretative dell’esperienza stessa. In opposizione agli empiristi, per esempio in un suo libro che ha quasi destato scandalo, Feyerabend sostiene che le osservazioni sono contaminate dalle credenze teoriche dell’osservatore, dalle cose che guarda, dal modo in cui le guarda, dal modo in cui interpreta quello che vede. I dibattiti su temi epistemologici vedono interlocutori capaci di mettere in gioco anche altre caratteristiche dell’attività scientifica: il suo ruolo sociale compreso il condizionamento imposto dalla tecnologia avanzata e dal sistema culturale in cui opera, gli atteggiamenti cooperativi o competitivi con cui si svolge la ricerca stessa; i sistemi di incentivi, il riconoscimento da parte di colleghi o di antagonisti, una ricerca di ricompensa nelle forme più attuali.
La filosofia della scienza continua a cercare una spiegazione delle “spiegazioni”, ma si accorge che l’idea stessa di spiegazione opera in modi diversi in parti diverse della scienza e in modi diversi nell’ambito della stessa parte della scienza in tempi diversi. Queste forme di pluralismo sono molto interessanti e tengono conto del contesto scientifico e del contesto storico in cui le spiegazioni vengono proposte. Attraverso gli esperimenti su cui la scienza costruisce le sue interpretazioni, vengono spesso messe in gioco e analizzate relazioni causali che non potrebbero manifestarsi senza interventi esterni: ma la causalità dipende dai punti di vista, viene espressa in un linguaggio a sua volta causale… Posizioni di questo tipo vengono definite intervenzioniste ma si possono trovare mediazioni accettabili tra le loro critiche e l’empirismo sperimentale.
Le contestazioni polemiche comunque non mancano: le relazioni causali che sostengono le interpretazioni dei fatti vengono espresse in vari modi e spesso vengono presentate come “verità” tanto che alcuni filosofi ritengono che quello che si afferma corrisponde al modo in cui sono effettivamente le cose; ma anche affermazioni di questo tipo sono soggette a critica. Rappresentazioni e modelli sono elementi essenziali delle conoscenze scientifiche sul mondo e, secondo alcune correnti di pensiero, permettono almeno di avvicinarsi alla verità dei fatti: talvolta un modello indica una teoria di cui non si è completamente sicuri, altre volte rappresenta una sorta di deliberata semplificazione del fenomeno che si sta guardando. Si pensa che certe relazioni procedurali del modello siano simili a qualche relazione che vale nel mondo reale, in modo che se ne possa controllare più facilmente l’accuratezza, o il valore condizionale (se… nel modello, allora… nella realtà). Spesso i modelli si propongono come possibilità di accordo tra opinioni contrastanti proprio perché corrispondono ai fatti solo in modi convenzionali e in questo senso, la modellizzazione o la costruzione di modelli viene molto usata anche in filosofia. Serve infatti una teoria che oltre a valutare il ruolo del modello come strumento di conoscenza tratti anche altri diversi strumenti rappresentazionali, a cominciare dal linguaggio, analizzando come i diagrammi, le formule matematiche, gli schemi siano capaci di esprimere, ciascuno a suo modo, come sono le cose che rappresentano.
Tra le tante teorie messe in discussione, Godfrey-Smith sembra concordare in buona parte col pensiero di Frank Ramsey, che ammette probabilità diverse nelle opinioni, cioè diversi gradi di coerenza tra fatti e interpretazioni. La maggiore o minore coerenza si manifesta attraverso i comportamenti e, più precisamente, il comportamento di una persona è una conseguenza del grado di coerenza con cui agisce in funzione delle diverse ipotesi.
In conclusione al volume, l’autore propone una visione complessiva delle tre teorie che sembrano più soddisfacenti, combinando insieme – criticamente – i portati epistemologici dell’empirismo, del naturalismo e del realismo scientifico. Come umani, usiamo meccanismi percettivi per coordinare i nostri rapporti col mondo e osservandoci dall‘esterno possiamo determinare delle regolarità e delle causalità nella gestione di questo rapporto. La scienza è una strategia adatta a controllare questa relazione, operando con modalità cooperative e guidata da spirito critico. Nei tempi recenti, proprio perché le interazioni tra scienza e mercato stanno portando conseguenze di grande portata, diventa essenziale valorizzare l’autodeterminazione della scienza stessa. La Filosofia della scienza può offrire uno sguardo critico sulla costruzione di conoscenza, tale che aiuti a utilizzare e plasmare il nostro sapere in modo positivo.
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