È una conoscenza che si va costruendo pezzo dopo pezzo quella sul coronavirus. E su cui esistono, si ripete ormai da mesi, pochissime certezze. La ricerca prosegue spedita, sebbene con qualche battuta d’arresto, non solo sul fronte dei trattamenti e dei vaccini ma anche su quello dei fattori di rischio: se tutti sono suscettibili all’infezione, alcuni più di altri rischiano di sviluppare forme gravi di malattia. E forse, a influenzare questo rischio potrebbero essere anche i gruppi sanguigni. In particolare, quelli A e AB potrebbero rischiare forme più pesanti di Covid-19 rispetto a gruppi B e 0, a loro volta quest’ultimo anche meno suscettibile di infezione.
La questione dei gruppi sanguigni e Covid-19 non è nuova. Del possibile ruolo dei gruppi sanguigni nella suscettibilità alle infezioni e alla malattia si parla da mesi, senza però essere arrivate a nessuna conclusione certa. Il messaggio, ripetono gli esperti, è che anche laddove fosse confermato un possibile legame tra un gruppo sanguigno e il rischio di Covid-19 questo non dovrebbe giustificar un allentamento delle misure di precauzione e prevenzione. Dietro L’ipotesi di un ruolo dei gruppi sanguigni nella malattia si spiega ammettendo un possibile coinvolgimento dei gruppi sanguigni nell’influenzare il rischio coaguli e la risposta immunitaria.
Oggi, a tornare di nuovo sul tema, sono i risultati che arrivano da due diversi studi sulle pagine di Blood Advances. Uno si è concentrato sul rischio di infezione, l’altro più sul rischio di sviluppare forme gravi di malattia. Nel primo caso l’analisi di quasi 500 mila persone danesi testate per Covid-19- del gruppo di Torben Barington della University of Southern Denmark – ha mostrato che tra i positivi al coronavirus le persone con gruppo 0 erano quelle meno rappresentate rispetto agli altri gruppi (per confronto i dati sono stati paragonati a quelli di oltre due milioni di persone). Il dato – pur con diversi limiti – si manteneva anche considerando l’etnia della popolazione, dal momento che la prevalenza di un gruppo sanguigno rispetto a un altro varia nelle diverse etnie, tanto che i ricercatori azzardano a identificare il sistema ABO con un fattore di rischio nell’infezione da Sars-CoV2. Non però per l’ospedalizzazione o i decessi.
L’altro studio arriva dal Canada e riguarda l’analisi del gruppo sanguigno in relazione alla gravità di malattia a permanenza in ospedale di un piccolo gruppo di pazienti (95). Anche in questo caso il gruppo 0 sembra favorire una parziale protezione: le persone con gruppi A e AB erano quelli con malattie più gravi, hanno rischiesto più spesso ventilazione meccanica, hanno mostrato più spesso problemi di insufficienza cardiaca e rimanevano più a lungo nei reparti di terapia intensiva.
Di conclusivo non c’è nulla, anche per ora, sulla questione gruppi sanguigni e Covid-19. Le ricerche nel campo, ancora per lo più preliminari, sembrano a volte puntare nella stessa direzione, altre meno, con indizi di forza diversi. Ancora una volta, studi su campioni più ampi di popolazione, a più lungo termine, che considerino i gruppi sanguigni e le cariche virali nei pazienti permetterebbero di comprendere qualcosa in più concludono i ricercatori.
Riferimenti: American Society of Hematology, Blood Advances (link nel testo)
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