I cambiamenti climatici. Poi la pandemia. E per finire, la guerra. Il periodo è disastroso, e ora per il comparto agricolo si prospetta un autentico annus horribilis, capace di mettere a rischio la sicurezza alimentare nelle aree più povere del globo, e destinato a colpire gravemente i consumi anche nel cosiddetto primo mondo. Con l’aggressione dell’Ucraina da parte delle truppe di Mosca, le conseguenti sanzioni occidentali e le ritorsioni russe, il mercato dei fertilizzanti sta andando infatti verso una crisi di proporzioni inedite: un crollo delle forniture e un conseguente aumento dei prezzi, che colpiranno duro i produttori proprio in un momento critico per l’emisfero settentrionale, con l’arrivo della stagione di semina per le colture primaverili (mais, sorgo e soia), e della fase di concimazione per i cereali autunnali come il grano.
Fertilizzanti dell’Est
Lo scorso 4 marzo il ministero del commercio russo ha raccomandato uno stop alle esportazioni di fertilizzanti, lamentando l’impossibilità di garantire i trasporti a causa delle sanzioni occidentali, e dell’effetto che questo ha sulle spedizioni di merci da, e verso, la Russia. Una situazione che è destinata ad avere pesanti conseguenze sull’agricoltura mondiale. la Russia è infatti il primo esportatore al mondo di fertilizzanti, con 50 milioni di tonnellate prodotte ogni anno (il 13% della produzione mondiale), e un giro d’affari che nel 2020 si è attestato attorno ai 7 miliardi di dollari.
Per quanto riguarda l’Europa, anche la Bielorussia non fornirà fertilizzanti nel prossimo futuro, perché le sanzioni decise dall’Unione europea sono indirizzate anche all’import di cloruro di potassio (un ingrediente chiave dei fertilizzanti), di cui il paese è tra i maggiori esportatori al mondo. Anche l’Ucraina non permetterà più la vendita di fertilizzanti e ingredienti per la loro produzione (azoto, fosforo e potassio) al di fuori dei confini nazionali, per cercare di garantire le produzioni agricole del paese nel corso del conflitto. Il risultato è un importante calo delle forniture globali, che colpirà anche l’Italia. Coldiretti (il principale sindacato degli agricoltori) calcola in 140milioni di euro l’anno le importazioni italiane da questi tre paesi.
Non è tutto, perché la guerra sta influenzando anche in modo più indiretto la produzione e i costi dei concimi chimici. I processi industriali con cui si producono i fertilizzanti richiedono infatti enormi quantità di energia: si calcola per esempio che la sintesi industriale dell’ammoniaca, che avviene a partire da azoto e idrogeno attraverso un processo chimico noto come processo Haber-Bosch, impegni tra l’1 e il 2% di tutta l’energia generata sul pianeta. I costi di produzione dei fertilizzanti sono quindi influenzati direttamente da quelli dei carburanti utilizzati nella produzione di energia, e quindi petrolio e gas, i cui prezzi stanno schizzando alle stelle in queste settimane di guerra.
L’aumento dei prezzi
A complicare la situazione, c’è il fatto che la guerra arriva dopo due anni di pandemia che avevano già colpito con forza il mercato energetico e i trasporti, causando un aumento del prezzo dei fertilizzanti e l’erosione dei margini di guadagno degli agricoltori. Lo scorso anno la Cina ha annunciato lo stop alle esportazioni di fertilizzanti fino a giugno del 2022, in seguito alla chiusura di diversi impianti produttivi causata dagli aumenti di prezzo dell’energia. Anche il principale produttore mondiale, la norvegese Yara International, ha ridotto del 40% la sua produzione nel 2021, a causa degli aumenti del prezzo del gas in Europa. Così come diversi produttori americani. Il risultato, è stato un aumento dei prezzi dei fertilizzanti e dei loro ingredienti: per l’ammoniaca, ad esempio, parliamo di un +260% solo nel 2021.
In una situazione già complessa, la guerra di aggressione russa rappresenta il colpo finale. Gas e petrolio sono schizzati a nuovi record di prezzo, e il costo dei fertilizzanti sta volando alle stelle: guardando al nostro paese, l’urea è aumentata del 120% rispetto ad un anno fa, il nitrato ammonico del 140%, il cloruro di potassio del 112%, il perfosfato triplo del 96%. In queste condizioni, avverte Coldiretti, i costi per coltivatori e allevatori si faranno sempre più insostenibili, e anche presto anche i consumatori italiani vedranno salire i prezzi nei supermercati, e potrebbero trovarsi ad affrontare la carenza di alcuni prodotti alimentari.
Grano e olio di girasole
Gli effetti che avrà la guerra sulla produzione globale di cibo si vedranno concretamente solo tra qualche mese. Ma è probabile, purtroppo, che si rivelino drammatici in molti paesi a basso o medio reddito. Un solo anno di pandemia, nel 2020, ha visto aumentare dall’8,4% al 10,4% la percentuale della popolazione globale che non ha accesso a una quantità sufficiente di cibo, un aumento che corrisponde a circa 100 milioni di persone che non hanno più accesso a pasti regolari.
Da allora la situazione è peggiorata ulteriormente, e la guerra rischia di dare il colpo di grazia. Ucraina e Russia sono infatti anche tra i principali esportatori di vegetali come grano, mais, semi e olio di girasole. E secondo la Food and agriculture organization (Fao) delle Nazioni Unite, il conflitto potrebbe aumentare i prezzi di questi alimenti di una percentuale compresa tra l’8 e il 22%. Nello scenario migliore, il numero di persone malnutrite nel mondo potrebbe aumentare di 7,6 milioni di individui entro il 2023. Nel peggiore di 13,1 milioni.
via Wired.it