Non è riuscito il primo tentativo di creare in laboratorio un ceppo pandemico di H5N1 incrociato con il virus dell’influenza umana. Ci hanno provato i ricercatori dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) di Atlanta (Usa), combinando l’informazione genetica proveniente da H5N1, il virus che dal 1997 ha ucciso milioni di volatili e 134 persone in tutto il mondo, e da uno dei ceppi dell’influenza umana, H3N2. Tramite tecniche dette di “genetica inversa”, gli scienziati sono riusciti a isolare geni provenienti dai due virus e a ricombinarli tra loro dando origine a un ceppo ibrido che è stato tesato sui furetti. L’infezione degli animali con il nuovo virus si è rivelata meno letale dell’originale e pressoché incapace di diffondersi da furetto a furetto, comunque mai in modo letale. Secondo gli scienziati, questi dati suggeriscono che è necessaria una serie più complessa di mutazioni per trasformare H5N1 in virus pandemico per l’uomo, ma invitano a non abbassare la guardia. Nuove indagini sono infatti necessarie per chiarire alcuni punti fondamentali: primo, se il furetto come modello animale sia effettivamente rappresentativo. Poi, come suggerisce Frederick Hayden, esperto di influenza dell’Università della Virginia, sarà necessario verificare altri ceppi, poiché esistono diversi virus di influenza umana. Infine è da vedere se H5N1 non sia in grado di evolvere esso stesso in un virus pandemico accumulando mutazioni nel passare da individuo a individuo. Jacqueline Katz, che ha condotto lo studio, ritiene che “questo modello sia un buono strumento per accertare le potenzialità pandemiche di H5N1” e spera di poter ripetere esperimenti di questo tipo con il virus H5N1 isolato dai pazienti colpiti. (a.p.)