Scacco al re. Anzi, scacco agli scacchi. Fino all’altro giorno, fino a quando un calcolatore – super, ma sempre calcolatore – ha battuto il campione dei campioni Garry Kasparov, questo gioco aveva conservato un’aura di nobiltà e di fascino. E’ vero che si gioca su una scacchiera di 64 caselle, che le mosse dei pezzi sono fissate, che insomma è un gioco di combinazioni. Ma il numero delle possibilità è talmente elevato che gli scacchi erano rimasti il regno della fantasia, dell’abilità strategica. Il grande campione è un po’ matematico, un po’ condottiero, un po’ psicologo. Studia l’avversario, ne scova i punti deboli, prepara tranelli per aggirare le sue difese. Mica roba da computer…
E invece, con la vittoria di Deep Blue è arrivato il sorpasso. La sua spaventosa capacità di calcolo ha battuto il genio del campione. Ma a chi ama gli scacchi l’esito della sfida lascia un po’ di amaro in bocca. Più sorprendente, invece, che la sfida lasci deluso anche uno dei massimi esperti al mondo di intelligenza artificiale. E’ Douglas R. Hofstadter, che dello studio del pensiero umano e del tentativo di riprodurne i meccanismi in un computer ha fatto una ragione di vita. Autore di best seller internazionali come “Goedel, Escher e Bach”, Hofstadter ha seguito il duello tra Kasparov e Deep Blue.
Professor Hofstadter, per chi ha fatto il tifo durante la sfida?
“Speravo che vincesse Kasparov…”.
E come ha reagito alla notizia della vittoria di Deep Blue?
“Sono rimasto un po’ deluso, anche se in parte c’era da aspettarselo. Già nella sfida dell’anno scorso Deep Blue aveva dimostrato di saper giocare molto bene, e questa volta c’è stato un grande equilibrio fino all’ultimo. Ma la mia vera delusione è un’altra. Io credo che il vero sconfitto in questa sfida sia il gioco degli scacchi. Fino a ieri potevamo pensare che questo fosse un gioco nobile, in cui esisteva un margine che sfuggiva al semplice calcolo. Ora Deep Blue ci ha dimostrato che è un gioco un po’ più semplice di quanto credessimo. Che può essere affrontato, e vinto, sfruttando solo un’enorme potenza di calcolo. Ha vinto la forza bruta, l’intelligenza artificiale non c’entra”.
Eppure lo stesso Kasparov ha dichiarato che Deep Blue ha dato segni di “intelligenza e di fantasia”…
“Beh, Kasparov non poteva certo ammettere di aver perso contro una macchina “stupida”, la cui unica abilità è di svolgere 200 milioni di operazioni al secondo! Il fatto è che la parola “intelligenza” è scivolosa e presenta molte sfacettature. I progressi degli ultimi anni nell’intelligenza artificiale ci stanno insegnando che esistono molti tipi di intelligenza e possono essere applicati in campi diversi. Ci sono intelligenze limitate che possono servire per giocare una partita di dama o di scacchi, oppure per manipolare le formule matematiche di un problema di calcolo. Ma ciò che chiamiamo intelligenza umana è un’altra cosa. E’ la possibilità di scegliere in un mondo complesso come il nostro. E’ la capacità, per esempio, di leggere un romanzo, comprenderne il significato e individuare delle analogie tra ciò che si è letto e la nostra vita. Tutto ciò oggi sfugge a qualsiasi computer. E sfugge a Deep Blue, in cui non è stato fatto alcun tentativo di modellizzare i meccanismi del pensiero umano”.
E allora, come spiega quelle mosse a sorpresa, che hanno scardinato la sicurezza del campione, costretto sulla difensiva?
“Naturalmente un calcolatore in grado di analizzare miliardi e miliardi di possibili combinazioni e le loro conseguenze può valutare quale sia la mossa più conveniente. Quella mossa che, se giocata da un uomo, farebbe gridare al colpo di genio. Ma ciò non significa che il computer abbia coscienza di cercare, e poi giocare, una mossa geniale”.
Professor Hofstadter, se la Ibm mettesse a disposizione Deep Blue per le sue ricerche, cosa risponderebbe?
“Deep Blue non potrebbe aiutarmi molto. Io sono interessato a studiare i meccanismi del pensiero umano. E l’architettura di Deep Blue non è quella adatta. Ripeto, non c’è stato un tentativo di modellizzare i concetti, che secondo me costituiscono il cuore del pensiero umano. Un concetto è un gruppo di associazioni, di analogie tra elementi diversi ma che condividono uno stesso “sapore”, una stessa “essenza”. Ma un concetto ha limiti molto tenui, sfumati, e non assomiglia ai riquadri bianchi e neri di una scacchiera. I programmatori di Deep Blue non hanno affatto tenuto conto di queste sfumature. Ed ecco, ancora una volta, il mio senso di delusione. Abbiamo visto che, almeno negli scacchi, la capacità di un campione come Kasparov di vincere sfruttando i concetti, le analogie e tutta la potenza del pensiero umano può essere battuta dalla bruta potenza di calcolo. Ma ciò che vale per gli scacchi non vale nella vita vera. Perché la vita vera non è un quadrato di otto scacchi per lato”.