In futuro, le malattie del sangue potrebbero essere curate con nanoscopici magneti iniettati nel sistema circolatorio. L’ipotesi sta diventando sempre più realistica: nuovi studi, infatti, sembrano comprovare che queste nanoparticelle, se adeguatamente trattate, possono essere ben tollerate. Un’ultima ricerca sulla sicurezza dei nanomagneti arriva dall’Università di Zurigo, pubblicata su Nanomedicine.
I bioingegneri, guidati da Inge K Herrmann, hanno infatti dimostrato che dei nanomagneti – se rivestiti di carbonio e se legati agli anticorpi giusti – possono essere efficaci per liberare l’organismo dalle infezioni e dall’eccesso di farmaci, senza essere tossici o pericolosi per l’organismo. Già lo scorso febbraio Herrmann e colleghi avevano dimostrato che le nanoparticelle possono essere usate all’interno di macchine per dialisi e di altri apparecchi simili. Passando nel sangue, queste si sono rivelate in grado di filtrare tutti i composti indesiderati, come le proteine legate a infiammazioni (interleuchine) oppure particelle di metalli pesanti. In uno studio pubblicato su Nephrology Dialysis and Transplantation, i ricercatori avevano osservato questa proprietà ripulendo il sangue dalla digoxina, un farmaco che deriva dalla pianta digitalis e che si usa per trattare i problemi cardiaci, ma letale se preso in dose eccessiva. In particolare, i bioingegneri avevano mostrato che “un solo passaggio” in un apparecchio che filtra il sangue poteva rimuovere il 75 per cento del farmaco, che con un ciclo di mezz’ora la concentrazione del medicinale arrivava a livelli non tossici e che dopo un’ora e mezza circa il 90% della digoxina era stato rimosso dal flusso sanguigno.
Nel nuovo studio, i ricercatori si sono concentrati sull’interazione di queste nanoparticelle con l’apparato vascolare, dimostrando che sono ben tollerate dalle cellule, presentando effetti trascurabili sulla coagulazione. “I nanomagneti catturano le sostanze indesiderate e, insieme a queste, dovrebbero poi tornare in circolo nel sangue. Appena prima che ciò accada però, vengono attivati dei separatori magnetici che accumulano le particelle cariche di tossine e le tengono separate dal resto del liquido ematico”, ha spiegato Herrman. I risultati, secondo i ricercatori, potrebbero aprire la strada a un primo test in vivo.
Una delle caratteristiche interessanti dei nanomagneti è che possono essere accesi e spenti quando si vuole, proprio come si fa con un apparecchio elettrico. Le possibili applicazioni? Una potrebbe essere la cura delle sepsi, infiammazioni molto gravi del sangue che possono compromettere irreparabilmente l’organismo e portare alla morte. Oppure lo sviluppo di un trattamento contro i tumori: se si potessero sviluppare composti in grado di legarsi alle cellule cancerose, queste potrebbero essere eliminate prima che riescano a produrre metastasi. Ovviamente, per ora si tratta solo di ipotesi. Restano infatti dei punti in sospeso: le future sfide, infatti, consistono nella diminuzione dei tempi della loro circolazione nel sangue, nella totale eliminazione della risposta immunitaria dopo la loro somministrazione e nell’evitare che i magneti si raggruppino tra loro all’interno dell’organismo.
Riferimento: doi:10.2217/nnm.11.33