La dieta dei nostri antichi cugini era decisamente variegata, più di quanto non si pensasse qualche anno fa. Che l’Homo neanderthalensis non fosse strettamente carnivoro lo aveva già suggerito uno studio del 2010 pubblicato su Pnas. A seconda delle zone in cui vivevano le diverse popolazioni, tra i 40mila e il 24mila anni fa, poteva contare sugli animali da caccia, contesi ai sapiens (vedi Galileo, Neanderthal d’Oltremanica), su molluschi e mammiferi marini. Ma ora un nuovo studio condotto dall’Università autonoma di Barcellona e dall’Università di York, pubblicato su Naturwissenschaften – The Science of Nature, va oltre: non solo conferma che questi ominidi si cibavano anche di piante, ma dimostra che ne conoscevano persino le proprietà curative.
I ricercatori hanno esaminato i denti di cinque individui provenienti dal sito spagnolo di El Sidrón; per risalire al cibo masticato, hanno utilizzato una tecnica di analisi chimica nota come gascromatografia-spettrometria di massa, in combinazione con un’analisi morfologica dei campioni fossili.
In questo modo sono riusciti a individuare, all’interno del tartaro, residui di amido e di carboidrati, oltre a possibili tracce di noci, graminacee e vegetali verdi. L’utilizzo delle piante per scopi curativi sembrerebbe dimostrato dalla presenza, nei campioni, di tracce molecolari di camomilla e achillea millefoglie, piante dal sapore amaro e dal basso valore nutrizionale.
Come dimostrato da studi precedenti, infatti, i Neanderthal possedevano il gene che permetteva loro di percepire i sapori amari, e i ricercatori possono quindi escludere che mangiassero queste piante perché buone. È dunque probabile che le selezionassero in base ad altre caratteristiche, come appunto le proprietà curative. “L’ampio consumo di vegetali che abbiamo scoperto suggerisce che i Neanderthal di El Sidrón avessero una conoscenza sofisticata dell’ambiente naturale in cui abitavano, e che fossero quindi capaci di selezionare ed utilizzare determinate piante in funzione del loro valore nutrizionale e delle loro proprietà come medicinali”, ha dichiarato Karen Hardy, ricercatrice a capo dello studio.
La caverna di El Sidrón, uno dei siti più importanti del suo genere, contiene la migliore collezione di resti fossili di Neanderthal di tutta la penisola iberica: circa 2.000 reperti ossei, appartenenti ad almeno 13 individui e risalenti un periodo compreso tra i 47.300 e i 50.600 anni fa, che hanno già contribuito a svelare molti dei segreti di questi ominidi. “Il sito ci ha permesso di demolire molti dei preconcetti che avevamo sui Neanderthal”, ha commentato Antonio Rosas, ricercatore del museo di storia naturale di Madrid. “Studi precedenti avevano già svelato come si prendessero cura dei malati (vedi Galileo, “Le cure dei Neanderthal”), seppellissero i loro morti e decorassero i loro corpi. Ora è stata aggiunta una nuova dimensione, riguardo alla loro dieta e alle loro pratiche di automedicazione”.
Credit per l’immagine: El Cidrón Research
Riferimento: DOI 10.1007/s00114-012-0942-0
Visto che sono spariti dal primo all’ultimo, azzarderei l’ipotesi che quel tipo di cura non fosse granché efficace!
Ipotesi azzardata. Funzionavano allora e hanno funzionato fino ai primi decenni del secolo scorso. Funzionano anche oggi, anche ormai poco usate.
Come se camomilla e achillea millefoglie fossero erbe che contengono davvero principi attivi!
Cosa intende per principi attivi? Mi spiace deluderla ma li contengono davvero.