I quattro mondi che definiscono l’umanità

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(Foto: Milan Popovic su Unsplash)

“Noi scienziati andiamo solitamente fieri del nostro rigore metodologico”, dice presentando la sua nuova teoria nel suo ultimo libro Joseph LeDoux, direttore del Center for the Neuroscience of Fear and Anxiety di New York. Ma il rigore della ricerca si scontra talvolta con le difficoltà della comunicazione, tra colleghi o con il pubblico. Infatti già le prime righe del testo mettono in evidenza le difficoltà di comprensione che hanno origine da un uso avventato, nebuloso e sciatto del linguaggio. E in quelle successive si vede come alcuni termini possano essere usati con criteri più o meno riduttivi nelle diverse concettualizzazioni teoriche.

Un problema di linguaggio

Joseph LeDoux I quattro mondi dell’uomo. Una nuova teoria dell’io Raffaello Cortina, 2024 pp.396, € 26,00

Distinguere e specificare aspetti di una realtà complessa, magari frammentandola nelle sue componenti, individuandole e denominandole in modo da renderle riconoscibili ad altri ricercatori è infatti un passo fondamentale; ma è assai difficile capire se il significato attribuito a nuovi termini sia effettivamente partecipato da altri nella sua pienezza. Così le numerose ricerche psicologhe e neurobiologiche presentate hanno ciascuna gerarchizzato e denominato i molti livelli di controllo comportamentale individuando i relativi funzionamenti del cervello, ma dal confronto tra le diverse interpretazioni teoriche della coscienza, della cognizione, del sé, si vede come i vari studiosi attribuiscano ai termini, pur condivisi, delle sfumature di significato che derivano dalle personali esperienze di lavoro.

Quattro mondi del vivente

Presentando un percorso evolutivo a partire dall’idea di vita e di organismo come insieme chimico sostenuto da continue interazioni tra una chimica interna a sua volta in continua interazione con una chimica ambientale, LeDoux individua quattro mondi di esistenza del sistema vivente: un mondo biologico, un mondo neurobiologico responsabile di un controllo comportamentale non cognitivo e non cosciente, un mondo cognitivo, responsabile di un controllo comportamentale cognitivo ma non cosciente; e infine un mondo cosciente, responsabile di un controllo comportamentale cognitivo e cosciente. Riprendendo alcune idee di Aristotele, il libro tende a mettere in evidenza come noi umani partecipiamo simultaneamente in modi differenti a questi quattro mondi.

Come aumenta la complessità

Le citazioni degli studi sperimentali e statistici di riferimento sono ricche e complesse, a volte contestate o criticate, a volte condivise in tutto o in parte. Analizzando l’invenzione del sistema nervoso dei viventi LeDoux analizza l’aumento di complessità a partire dal Cambriano ma, mentre descrive l’apprendimento associativo per rinforzo pavloviano come potente stimolo alla evoluzione comportamentale, non presenta alcun riferimento alle possibili modalità di evoluzione biologica, molecolare, cellulare e organica responsabile di cambiamenti così potenti. Si rinforza così nel lettore non biologo l’idea che basti “inventare nuovi modi o nuovi comportamenti” per fare fronte a esigenze  emergenti senza ragionare sulle complesse modalità di cambiamento genetico e sui lunghissimi tempi di selezione che danno a eventuali cambiamenti morfologici e fisiologici la possibilità di affermarsi.

Cosa è la cognizione

Nella quarta parte del volume LeDoux mette fin dall’inizio in evidenza come gli scienziati definiscano la cognizione in modi differenti. Le proposte della sua nuova teoria tendono a distinguere situazioni di controllo comportamentale cognitivo da quelle di controllo non cognitivo, dove solo le prime impiegano rappresentazioni interne dell’informazione per costruire modelli mentali del mondo. Cognizione e coscienza sono intrecciate; le decisioni coscienti si basano su una elaborazione cognitiva inconscia o pre-cosciente, ma non ogni elaborazione precosciente o inconscia è cognitiva e genera stati coscienti. La cognizione infatti, spiega LeDoux, è quel processo complesso che permette a noi umani di dare senso al mondo, e a questo cooperano una memoria di lavoro, una specie di taccuino dove vengono archiviate le informazioni a breve termine, una memoria semantica a lungo termine, e gli schemi mentali. Questi ultimi, particolarmente importanti, permettono di attivare sia comportamenti guidati da modelli mentali costruiti sulla base dell’esperienza sia comportamenti senza modello, cioè non sostenuti da una abitudine ad affrontare le varie situazioni, quasi improvvisati a seconda del contesto.

Un confronto tra diverse teorie

Nell’ultima parte del volume vengono messe a confronto diverse teorie della coscienza di stati mentali, la FOT, First Order Theory, che correla quello che si percepisce direttamente con la rappresentazione mentale costruita nelle apposite zone della corteccia cerebrale;  la HOT o Higher Order Theory, che richiede che le rappresentazioni della corteccia cerebrale vengano elaborate cognitivamente dalla PFC (Corteccia Pre Frontale); la teoria dello Spazio di lavoro globale, che richiede che le informazioni di ordine inferiore ricevute dalla PCF vengano ritrasmesse a sistemi cerebrali ampiamente distribuiti e coinvolti nella memoria, nella cognizione, e nelle emozioni. La memoria, infatti, ha un ruolo centrale nel dare significato alle esperienze, e può farlo perché le aree cerebrali non sono moduli isolati ma  interagiscono con molteplici aree che contribuiscono a costruire il significato di esperienze complesse. Infine, vengono esemplificati tre processi cognitivi fondanti: la noesi, che implica la rappresentazione/ridescrizione metacognitiva – di ordine superiore – delle informazioni sensoriali e mnestiche; l’autonoesi associata alla conoscenza del sé, che rileva l’entità di una esperienza e ne rende consapevole chi la esperisce, e l’anoesi, che riguarda gli apprendimenti impliciti inconsci, le sensazioni di sapere, gli stati pre-riflessivi.

Il mentalese

Numerosi schemi e tabelle tentano di visualizzare le relazioni, le differenze e gli intrecci tra le diverse modalità di gerarchizzazione e progressiva elaborazione dei processi cognitivi, mettendo in relazione i vincoli tra gli stimoli esterni, i processi di memoria, le modalità di elaborazione nelle diverse aree del cervello, anche esse in reciproca interazione. Mappe del sistema nervoso localizzano le prossimità e le connessioni morfologiche e strutturali tra le varie parti, a volte messe a confronto con quelle di mammiferi superiori o di scimmie antropomorfe. A conclusione della sua nuova elaborazione teorica, LeDoux dà particolare importanza alle narrazioni, in un linguaggio che chiama mentalese, cioè alle storie che la coscienza autonoeotica di ciascuno di noi si racconta per dare significato e legare insieme i vari aspetti/momenti della propria esistenza. L’idea che le esperienze coscienti siano amalgami complessi di modelli mentali precoscienti e coscienti offre, secondo l’autore, un modo nuovo per riflettere e per indagare la coscienza.

Foto di Milan Popovic su Unsplash