Le strisce delle zebre, le spirali di una conchiglia, i disegni sulle ali delle farfalle: sono tutti esempi degli schemi presenti in natura, la cui spiegazione (in termini di genetica dello sviluppo) è un rompicapo tanto per i biologi quanto per i matematici. In pratica la domanda che entrambi si pongono è: “Come emergono gli schemi a partire da un ammasso di cellule indifferenziate, inizialmente identiche e potenzialmente capaci di formare qualsiasi tipo di tessuto?”.
Grazie a un modello matematico, presentato su Developmental Cell, i ricercatori della John Hopkins University (Usa), in collaborazione con il Max Planck Institute (Germania), hanno ora scoperto come lavorano i “vigili” che regolano il “flusso migratorio” delle cellule all’interno dell’embrione).
All’inizio c’è l’ovulo fecondato, in cui tutte le cellule formano un agglomerato uniforme. Poi alcune cellule si spostano e altre restano dove sono per formare le varie parti del corpo. Alla base della “decisione” su quali cellule devono migrare e quali restare, vi è un meccanismo del tipo “tutto o nulla” (perché se una cellula si specializza per il cuore non potrà certo poi andare a costituire il fegato). Precedenti studi effettuati sul moscerino della frutta avevano già rilevato che un responsabile della migrazione delle cellule è un segnale chimico prodotto e regolato dal gene “apontic”. Questo segnale però si diffonde all’interno dell’embrione in maniera graduale, quindi con un meccanismo in apparente contrasto con quello, “tutto o nulla”, necessario alla specializzazione cellulare.
Il nuovo modello matematico simula il modo in cui il segnale graduale codificato da “apontic” viene tradotto in un comando del tipo “parti o rimani”. Complice una proteina denominata “slowbo” che agisce da antagonista nei confronti del segnale “apontic”: se nella cellula prevalgono anche di poco i livelli proteina “slowbo”, allora la cellula migra, altrimenti resta ferma. “Le strisce bianche e nere della zebra e i nostri stessi organi sono entità ben definite e non sfumano certo una nell’altra”, spiega il biochimico Denise Montell coinvolto nello studio: “È un po’ come nelle votazioni: il numero di voti è variabile, ma l’elezione di una parte o dell’altra si basa sul superamento o meno della soglia del 50 per cento”.
Secondo i ricercatori, l’importanza di questo studio va ben al di là dei risultati sullo sviluppo embrionale: apre le porte alla comprensione dei meccanismi di propagazione dei tumori, in cui cellule della massa primaria si staccano, consentendo la diffusione del tumore ad altri distretti corporei. (i.n.)