C’è un grande problema nello sfruttamento dell’energia solare a uso domestico: capita spesso che il fabbisogno energetico di un’abitazione sia maggiore alla sera o al mattino presto, quando il Sole è già tramontato o deve ancora sorgere, e quindi non è possibile convertirne la luce in elettricità. Certo, gli impianti fotovoltaici più moderni sono dotati di batterie che consentono di accumulare l’energia solare per sfruttarla in un altro momento, ma da oggi c’è un’altra possibilità: un’équipe di scienziati tedeschi, infatti, ha appena messo a punto un sistema che consente di sfruttare la luce solare per produrre idrogeno “on demand”, da usare, a sua volta, per generare energia quando il Sole non c’è. I dettagli della scoperta sono stati pubblicati sulla rivista Nature Chemistry.
Nello specifico, gli scienziati, coordinati da Carsten Streb, ricercatore alla Ulm University, hanno sviluppato una molecola fotosensibilizzante (cioè in grado di aumentare la sensibilità alla luce di un dato materiale) accoppiata a un poliossometallato (una sostanza di solito utilizzata per catalizzare l’ossidazione dei composti organici) che, nel complesso, assorbono la luce solare e ne “conservano” l’energia, per poi usarla, se opportunamente stimolati, per la produzione di idrogeno. Funziona così: quando la soluzione che contiene la molecola viene colpita dalla luce, cambia gradualmente di colore, diventando progressivamente più scura; a questo punto basta aggiungervi un acido (Streb e colleghi hanno usato acido solforico) per innescare un’altra reazione chimica che porta alla produzione dell’idrogeno. Gli esperimenti dell’équipe hanno mostrato che la sostanza è in grado di conservare energia per diverse ore o addirittura giorni.
In linea teorica, un sistema di questo tipo potrebbe essere usato come se fosse un “combustibile liquido” con cui alimentare, per esempio, le auto a idrogeno. Bisogna però considerare che, al momento, resta ancora irrisolto il problema del “ripristino” della molecola: dopo diversi cicli di carica-produzione di idrogeno-ricarica, infatti, il materiale tende a degradarsi e perdere le proprietà di accumulo di energia. “Non ce lo aspettavamo”, commenta in proposito Streb. “Tuttavia, abbiamo visto che a lungo andare la luce tende a ‘danneggiare’ la soluzione, rompendone le molecole. Ci stiamo lavorando proprio in questo momento”. Un altro problema riguarda i costi: uno degli elementi usati nella soluzione, il rutenio, è abbastanza costoso, e quindi ne limiterebbe le possibilità commerciali. Bisognerà ancora lavorarci su.
Riferimenti: Nature Chemistry
Credits immagine: Federico Beccari/Unsplash