L’idrosadenite suppurativa o acne inversa è una malattia della pelle sotto molti aspetti ancora misteriosa. Sia per i pazienti sia per i medici, che non sempre riescono ad arrivare a una diagnosi in tempi stretti, e anche per gli epidemiologi, che faticano a stabilire quanto sia diffusa la malattia. Tra gli aspetti poco noti che riguardano l‘idrosadenite suppurativa (hidradenitis suppurativa, HS), figura anche la mancanza di dati sull’impatto che la malattia ha sul benessere mentale di chi ne soffre. Conoscerli è invece fondamentale, perché solo conoscendo il problema e le sue dimensioni è possibile pianificare e mettere in campo le strategie per arginarlo. Uno studio, pubblicato di recente su Jama Dermatology, ha fatto proprio questo, scoprendo che depressione e ansia sono condizioni comuni in chi soffre di idrosadenite.
Idrosadenite suppurativa, i segni non solo sulla pelle
Che le malattie della pelle, per loro natura, possano avere un impatto sul benessere e sulla salute mentale di chi ne soffre, non è una sopresa. Interessando la pelle, sono generalmente piuttosto visibili, non sempre facili da nascondere, e possono creare disagio. A maggior ragione nel caso dell’idrosadenite suppurativa, una malattia infiammatoria cronica, più tipicamente femminile, che può presentarsi con punti neri, lesioni, noduli, foruncoli, ascessi, fistole, ovunque sul corpo ma più frequentemente nelle zone delle pieghe o interessate da sfregamento della pelle, come ascelle, inguine, nella zona tra le cosce, nei glutei o sotto il seno. Le lesioni, soprattutto nei casi moderati e gravi, possono emettere materiale maleodorante. Va da sé che manifestazioni simili – contro cui esistono diverse opzioni di trattamento, dagli antibiotici, ai farmaci che regolano l’infiammazione e il sistema immunitario, agli interventi chirurgici per drenaggio e asportazione delle lesioni – non possano che avere un impatto sulla vita delle persone. Oltre quello fisico sulla pelle.
Acne inversa e salute mentale
Ma quanto quanto impatta l’idrosadenite suppurativa sul benessere psicologico di chi ne soffre? E’ quanto si sono chiesti i ricercatori coordinati da Andre F. Carvalho del Centre for Addiction and Mental Health (Toronto), che hanno passato in rassegna la letteratura scientifica in materia. Dieci gli studi inclusi nella loro metanalisi, per un totale di oltre 40 mila pazienti con idrosadenite. A partire da questi dati i ricercatori hanno cercato di capire quanto fossero comuni ansia e depressione. Quanto lo sono?
La depressione arriva a interessare quasi il 17% dei pazienti, l’ansia quasi il 5%. Per l’ansia i ricercatori non sono riusciti a calcolare il rapporto di probabilità (o odd ratio), ovvero quanto fosse associata alla malattia per mancanza di dati. Nel caso della depressione però i dati sono stati sufficienti e hanno mostrato che avere l’idrosadenite può aumentare la probabilità di soffrire anche di depressione (OR di 1,84). “L’immagine alterata del proprio corpo in pazienti con HS è stata associata sia a sintomi depressivi che si ansia in studi precedenti, suggerendo – scrivono gli autori – che l’associazione tra depressione e le manifestazioni della malattia potrebbe non essere indipendente”. Per questo, e considerando quanto portato in luce dalla meta analisi, sarebbe opportuno mettere a punto strategie mirate per riconosce e gestire gli aspetti legati al benessere mentale nella idrosadenite suppurativa, e studiare la loro interazione con la malattia. Questo a dispetto dei limiti di cui soffre la metanalisi, soprattutto per eterogeneità degli studi, dove la metodologia utilizzata è stata diversa, col rischio anche di sovrastime dei disturbi analizzati in alcuni casi. Servono, come spesso accade, più studi, ma porre più attenzione al problema è un buon punto di partenza.
Il nodo delle diagnosi, quando arrivano?
Gli aspetti ancora poco noti e poco compresi della salute mentale, raccontano solo una parte di quello che ancora non sappiamo sull’idrosadenite. Con una prevalenza stimata piuttosto variabile – dallo 0.05% al 4% – anche l’età di insorgenza non è del tutto chiara. Classicamente se ne parla come una malattia dei giovani, con insorgenza media intorno ai 20 anni, ma secondo quanto riporta un articolo apparso sullo stesso numero di Jama ci sarebbero più propriamente due picchi nell’insorgenza dei sintomi della malattia: uno verso la fine dell’adolescenza, l’altro più tardivo, passati i 40 anni (parliamo di dati che si basano su quanto riferito dai pazienti). Questi dati, scrivono gli autori, potrebbero aiutare a riconoscere la malattia in sottopopolazione di pazienti senza diagnosi.
Riferimenti: Jama Dermatology, Jama Dermatology Letter