Se il mese scorso quasi si cantava vittoria per la scoperta dell’ormai strachiacchierato bosone di Higgs (vedi Galileo, “Sempre più vicino il bosone di Higgs“), nella prima giornata della Lepton Photon Conference, importante conferenza sulla fisica delle particelle che sta avendo luogo questa settimana a Mumbai, già arrivano i primi inviti a calmare l’entusiasmo. La “particella di Dio” potrebbe essere più lontana di quanto si potesse sperare.
Alcuni dati insoliti erano stati registrati al Cern alla fine di luglio. Due diversi esperimenti (Atlas e Cms) all’interno dell’Lhc, il più grande acceleratore di particelle mai costruito, avevano riportato un picco nell’osservazione di alcune particelle, che sembrava anticipare la definitiva visione del bosone di Higgs.
La cosiddetta particella di Dio, predetta dalla teoria della fisica nucleare ma mai ricreata in laboratorio, è infatti difficilissima da rilevare nell’enorme getto di particelle prodotto da ogni collisione all’interno dell’Lhc. Questo bosone, altamente instabile, ha una vita talmente breve che l’unico modo di trovarlo è l’osservazione indiretta: i fisici che lavorano a Ginevra, più che Higgs stesso, stanno cercando i prodotti del suo decadimento, le particelle che si creano al momento della sua distruzione. Ed è proprio questo che i ricercatori pensavano di aver osservato il mese scorso.
Ma il picco di particelle rilevato a luglio forse si dimostrerà essere un falso allarme: quello che in gergo si chiama fluttuazione statistica e che noi chiameremmo caso. Lhc ha raddoppiato i dati raccolti dall’osservazione con una prestazione che, in una intervista rilasciata alla Bbc, i fisici dei due esperimenti coinvolti hanno definito “ superba” e “ fantastica”. Ma gli ultimi risultati dell’acceleratore indicano che le probabilità che gli eventi registrati dai macchinari siano proprio i segnali lasciati dai prodotti del decadimento del bosone di Higgs sono scese in 30 giorni da più del 99% al 95%. Perché? Grazie alle ricerche effettuate al Cern, si è potuto escludere che alcuni dei prodotti delle collisioni fossero collegati al bosone, per via di energie non compatibili con esso.
L’osservazione della particella non è tuttavia solo una sfida tecnica: era stata introdotta per dare coerenza al Modello Standard, la teoria che secondo la maggior parte dei fisici del mondo descrive le interazioni nella materia. Il bosone è ricercato così alacremente perché se si dovesse infine scoprire che non esiste, tutto l’impianto teorico crollerebbe come un castello di carte. “ Sono tempi molto eccitanti per la fisica delle particelle”, ha infatti detto Sergio Bertolucci, direttore della ricerca al Cern, che gestisce l’Lhc: “Nuove scoperte sono quasi assicurate nei prossimi dodici mesi: se Higgs esiste, l’Lhc lo troverà presto. Se non esiste, la sua assenza sarà la base di partenza per una fisica del tutto nuova”.
Credit immagine: Cern
Via Wired.it