Fino ad oggi si pensava che l’emisfero cerebrale sinistro fosse genericamente meno bravo del destro nell’elaborare le caratteristiche d’insieme degli stimoli visivi. Ma uno studio recente, svolto da due ricercatori italiani e pubblicato su Nature, completa la conoscenza delle funzioni delle diverse zone del cervello. “Il nostro lavoro – spiega Fabrizio Doricchi, il neuropsicologio che insieme a Chiara Incoccia fa parte del gruppo di ricerca coordinato da. Luigi Pizzamiglio presso l’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico S. Lucia di Roma – indica invece che l’emisfero sinistro è in grado di elaborare le caratteristiche globali solo a condizione che non ci siano dettagli, cioè piccole caratteristiche locali, a competere per attirare l’attenzione”. Conclusioni alle quali sono giunti studiando il comportamento di una paziente con un danno vascolare all’emisfero cerebrale destro.
Cosa succede, dottor Doricchi, a chi subisce un ictus o una ischemia alla parte destra del cervello?
“Che i neuroni irrorati dal vaso danneggiato muoiono. Questo fenomeno genera abbastanza frequentemente un disturbo, ben noto, che noi chiamiamo ‘eminattenzione sinistra’. In pratica questi pazienti perdono la capacità di accorgersi della presenza di stimoli, o di parte degli stimoli, collocate nella metà sinistra dello spazio. Attenzione, non si tratta di cecità ma di disattenzione per tutto quanto accade a sinistra”.
Ma cosa accade in pratica a queste persone?
“Che se, per esempio, guardano, o anche immaginano una piazza, fanno attenzione solo ai palazzi, alle strade o alle automobili presenti nella metà destra della piazza. Oppure, che lasciano il cibo nella metà sinistra del piatto. Alcuni di questi pazienti dimenticano addirittura di radersi o di pettinarsi a sinistra”.
E succede solo a chi ha subito un danno all’emisfero destro del cervello?
“No, però è significativamente più frequente in questi pazienti. L’ipotesi più accreditata a spiegare la maggiore incidenza di eminattenzione nei cerebrolesi destri è che nel corso dell’evoluzione l’emisfero destro si sia specializzato nel controllo di tutto lo spazio circostante. All’emisfero sinistro (che si è specializzato nel controllo del linguaggio) è invece rimasta la capacità di dirigere l’attenzione solo verso la metà destra dello spazio. Di conseguenza, se una persona subisce un danno all’emisfero sinistro è meno probabile che possa soffrire di eminattenzione, perché l’emisfero destro intatto riesce ancora a occuparsi di entrambi gli emispazi, destro e sinistro. Ben diverso è il caso contrario. Se la lesione è localizzata a destra non c’è più la possibilità di dirigere l’attenzione verso sinistra”.
E ora veniamo al vostro caso clinico. Qual’era il problema della vostra paziente?
“La signora Q. M. aveva subito un danno vascolare all’emisfero destro e aveva una marcata eminattenzione sinistra. Abbiamo presentato alla paziente dei fogli pieni di “3” e di “B” chiedendole di barrare con una penna tutti “3”. La paziente non solo ometteva di barrare tutti gli stimoli a sinistra ma, nella metà destra del foglio, cancellava sia i “3” che le “B”. Abbiamo pensato che Q.M. non riuscisse a fare attenzione alla barretta verticale sinistra che distingue una ‘B’ da un ‘3’. Tuttavia ha continuato a commettere lo stesso errore anche quando i “3” e le “B” sono state ruotate di 180 gradi (condizione nella quale la barretta verticale della “B” veniva a trovarsi sul lato destro dello stimolo)”.
E come lo avete spiegato?
“Abbiamo ipotizzato che Q.M. fosse affetta da una ‘eminattenzione centrata sull’oggetto’: che non riuscisse cioè ad analizzare porre attenzione a quella che è la sinistra intrinseca della lettera B, cioè la barretta verticale, indipendentemente dall’orientamento spaziale della “B”. Con le lettere e le parole questo è possibile perché il nostro cervello sa che, per esempio, la parola ‘casa’ ha un orientamento canonico con a sinistra la sillaba CA e a destra la sillaba SA. Anche se ruotiamo la parola di 180 gradi, invertendo così la collocazione spaziale sinistra-destra delle due sillabe, tale consapevolezza viene mantenuta. Nel caso di Q.M., l’ipotesi della presenza di una “emiinattenzione centrata sull’oggetto” è stata scartata perché la paziente continuava a presentare il comportamento mostrato con i “3” e le “B” anche quando le venivano presentati degli stimoli senza un orientamento canonico sinistra-destra. Gli stimoli erano cani con coda lunga, cani con coda corta e “chimere” cioè animali con coda e parte posteriore del corpo da cane e testa e parte anteriore del corpo da cigno (anch’esse con la coda corta o lunga). Abbiamo chiesto a Q.M. di barrare tutti cani con la coda lunga. Lei ha barrato con un segno di penna tutti gli animali con coda lunga: cani e chimere, indistintamente ed indipendentemente dall’orientamento verso destra o sinistra della testa (e della coda). In altre parole il vero problema della paziente era quello di concentrare la sua attenzione, spontaneamente e patologicamente, su un dettaglio dello stimolo (la coda) trascurando di analizzare l’insieme della figura e di identificarla correttamente”.
Quale è stato il passo successivo?
“Abbiamo sottoposto Q.M ad altri test proprio per studiare più a fondo le sue capacità di analizzare i dettagli o l’insieme. Uno di questi test consisteva nel distinguere delle grosse lettere H da grosse lettere S. Le grosse H ed S erano formate o da lettere H o da lettere S più piccole. In questo test la paziente ha mostrato un grave deficit di riconoscimento delle lettere grosse quando esse erano formate da lettere piccole di identità opposta (H fatte di S oppure S fatte di H): in questa condizione le lettere piccole esercitavano una marcata interferenza sul corretto riconoscimento della configurazione più grande. Con altre prove siamo tuttavia riusciti a dimostrare che quando il dettaglio locale non competeva con l’intero, Q.M. non presentava alcuna difficoltà nel cogliere le caratteristiche globali degli stimoli. Q.M. riconosceva infatti perfettamente delle H o delle S formate da piccoli rettangoli, cioè da elementi locali che non essendo né H né S non potevano competere nella discriminazione della lettera grande. Quando invece tra il particolare e l’insieme c’era competizione (ad esempio una grande H formate da piccole S) la paziente perdeva la capacità di discriminare l’informazione globale riconoscendo solo quella locale (le piccole S)”.
E allora, dottor Doricchi, che cosa avete dedotto?
“Che la signora Q.M. ha una tendenza patologica a concentrare l’attenzione sui dettagli a discapito della analisi della configurazione globale degli stimoli. La paziente per riconoscere gli oggetti – lettere, numeri o figure che siano – tende a basarsi su minime caratteristiche percettive (la coda lunga per gli animali, le due gobbe per la B, per esempio) perdendo però la consapevolezza dell’insieme. Per concludere queste evidenze cliniche indicano, per la prima volta, che l’emisfero sinistro è in grado di elaborare le caratteristiche globali degli stimoli visivi solo a condizione che non ci siano dettagli rilevanti che possano competere nella cattura dell’attenzione”.