Ci si trova sempre d’accordo nell’ammettere quanto sia piacevole il profumo di una rosa o del pane appena sfornato, e quanto invece sia acre e forte quello di un limone o dell’aceto. Ma l’esatto meccanismo che ci permette di fare queste distinzioni non è ancora del tutto chiaro. Quello che si sa è che la codificazione degli odori avviene attraverso l’attività dei glomeruli, piccoli gomitoli di fibre nervose, distribuite a grappoli e localizzate sia nei bulbi olfattivi dei mammiferi che nelle estremità delle antenne degli insetti. Ma mentre nei primi i glomeruli sono tantissimi, diverse migliaia, nelle api se ne contano appena 160. Questa specie, quindi, proprio per la semplicità del suo sistema olfattivo rappresenta un buon modello per studiare il meccanismo che ci permette di distinguere gli odori.
E infatti un’équipe di scienziati dell’Università di Berlino, ha utilizzato proprio l’ape per chiarire come funziona l’olfatto. I ricercatori hanno spruzzato 30 diversi odori sulle antenne dell’Apis mellifera e hanno individuato i diversi gruppi di glomeruli attivati. Scoprendo che cosa? Prima di tutto che il numero di odori distinguibili non è limitato al numero di glomeruli: il repertorio dell’ape, infatti, è molto più esteso, perché è amplificato dalla presenza di un codice combinatorio: ciascun odore attiva una diversa combinazione di glomeruli, che corrisponde a specifiche zone del lobo antennale. E queste combinazioni sono specie-specifiche, cioè identiche in ogni rappresentante della specie. E’ probabile che in tutte le specie e anche nei mammiferi avvenga qualcosa di molto simile. Per saperne di più Galileo ha intervistato Giovanni Galizia, dell’Istituto di Neurobiologia a Berlino e autore dello studio pubblicato sull’ultimo numero di Nature.
Dottor Galizia, qual è il ruolo dei glomeruli nella percezione degli odori per gli insetti?
“I glomeruli codificano gli odori. Il lobo antennale dell’ape, per esempio, ha 160 glomeruli. Per semplificare, li classificheremo come A, B, C, e così via. Se l’insetto avverte un particolare odore, per esempio quello della lavanda, saranno stimolati soltanto alcuni di questi glomeruli, diciamo A, C, ed E. Un altro odore, per esempio quello della rosa, attiverà i glomeruli A, D ed E. Nell’ape ciascun odore è rappresentato, percepito e riconosciuto da un particolare codice di glomeruli attivi. Anche se in entrambe le combinazione è attivo il glomerulo A, la combinazione A, C, E riconosce la lavanda, mentre quella A, D, E la rosa. Questo modalità di codificare le informazioni si definisce “codice combinatoriale”: nel senso che l’informazione è contenuta nella combinazione di glomeruli e non nel singolo elemento”.
Finora la mappatura dell’attività olfattiva dei glomeruli è stata identificata solo per i feromoni, le sostanze chimiche con cui comunicano tra loro gli individui della stessa specie. Qual è la novità del suo studio?
“Il nostro primo obiettivo è stato di identificare lo spettro di risposta dei glomeruli comuni, cioè non connessi con il sistema dei feromoni. In ogni caso, la mappa dei glomeruli dei feromoni ha permesso di raccogliere solo dati sull’attività di singole cellule nervose e non dell’intero glomerulo. Inoltre, per la prima volta in assoluto è stato possibile misurare l’attività cerebrale olfattiva di un glomerulo in un animale vivo, l’ape. Confrontando l’attività dei singoli glomeruli in specie diverse abbiamo poi verificato che le proprietà fisiologiche dei glomeruli sono determinate geneticamente. Quindi, ogni glomerulo ha un suo specifico campo d’azione: reagisce a particolari molecole di odori e non ad altre, e questa organizzazione è conservata all’interno delle specie”.
Quali tecniche avete utilizzato per evidenziare le aree attivate dai singoli odori prima, e a distinguere i singoli glomeruli poi?
“Per misurare dal vivo il funzionamento dei glomeruli delle api abbiamo usato la tecnica del calcium-imaging utilizzando due coloranti. Con il primo, il calcium green, una sostanza fosforescente che aumenta la propria luminosità in presenza di elevate concentrazioni calcio, è stato possibile evidenziare l’area del lobo attivata dagli odori, osservando il cervello e le antenne dell’ape con una videocamera collegata al microscopio. Per visualizzare i singoli glomeruli attivati, è stato invece usato Rh795, un’altra sostanza fosforescente che mette in evidenza lo spazio tra un glomerulo e l’altro. Paragonando l’immagine cosi ottenuta con un atlante morfologico del lobo antennale, abbiamo potuto identificare i singoli glomeruli e mappare la loro risposta”.
I vostri risultati potrebbero spiegare ulteriormente in che modo avviene la codificazione degli odori nei mammiferi?
“Certo, perché l’architettura del bulbo olfattivo è molto simile a quella del lobo antennale. Pertanto è probabile che anche nel nostro cervello gli odori siano rappresentati come mosaici di glomeruli attivi, e che questi mosaici sono identici in tutti gli individui”.