È piccola, variopinta e sfoggia teneri occhietti. Ma dietro l’aspetto gentile della canocchia pavone (Odontodactylus scyllarus) – una specie di crostaceo tropicale – si cela un vero e proprio pugile marino, un agguerrito predatore. Tutto merito dei suoi arti raptatori, in grado di spaccare gusci, ossa, e volendo persino i vetri di un acquario casalingo. Queste sue estremità sono state analizzate nel dettaglio da un team di ricercatori della Harvard University. Gli scienziati hanno scoperto che a conferire questa straordinaria forza ed efficienza ai guanti a martello dell’animale è un rivestimento di più strati sovrapposti, a composizione minerale e organica, organizzati in modo simile ai pannelli di legno compensato, per garantire una grande resistenza agli urti. Lo studio su Science.
Le micidiali appendici della canocchia pavone, che l’animale utilizza come una clava per aprire i gusci delle prede, sono spesse appena 5 millimetri, ma possono scattare generando una forza di 500 newton e raggiungere una velocità di 23 metri al secondo nello sferzare colpi, come riporta Scientific American. Osservandole al microscopio elettronico, James Weaver e i colleghi dell’Aizenberg Biomineralization andBiomimetics Lab di Harvard hanno intuito che la loro resistenza all’impatto non dipende solo dal tipo di materiale che le riveste, ma anche dalla sua particolare disposizione a strati: tre in tutto, diversi per composizione e proprietà meccaniche.
Lo strato più esterno, il più duro, è chiamato “regione d’impatto”: è il più soggetto al rischio di fratturazione da shock e consiste in un allineamento di cristalli di idrossiapatite (lo stesso minerale che forma le nostre ossa). All’interno si trova lo strato intermedio, battezzato “regione periodica”, a causa dell’alternanza regolare di fibre di chitosano (uno zucchero complesso) impilate con diversi orientamenti, che funziona come una potente barriera contro i diversi traumi.
Quando infatti una frattura interessa uno dei cristalli di idrossiapatite, la matrice di chitosano impedisce a questa di propagarsi grazie proprio ai diversi orientamenti delle fibre, che la costringono a cambiare di continuo direzione, di fatto rallentandola. Infine, l’ultimo strato nel “guanto” è quello ammortizzante. E’ la “regione striata”, una zona con una minor percentuale di tessuto mineralizzato e quindi più soffice, tale da assorbire, almeno in parte, l’energia dell’impatto.
Secondo i ricercatori queste caratteristiche di resistenza, leggerezza e durezza del martello della canocchia pavone potrebbero ispirare nuovi materiali in grado di sopportare continue sollecitazioni da urto. O addirittura, concludono gli scienziati, servire per sviluppare un nuovo tipo di giubbotti antiproiettile.
via wired.it
Credits immagine: S.Baron