Soppianterà la scomoda iniezione giornaliera di alcuni farmaci, una routine che affligge molti pazienti affetti da malattie croniche. Si tratta di un chip “siringa”, della grandezza di un pacemaker, in grado di rilasciare in circolo, a orari stabiliti, il principio attivo prescritto dal medico. Questo erogatore miniaturizzato, sviluppato da ingegneri del Mit in collaborazione con la MicroCHIPS Inc., è il risultato di quindici anni di idee e collaudi, ed è stato testato con successo su alcune donne colpite da osteoporosi. Lo studio è pubblicato su Science Translational Medicine.
L’idea di una “farmacia concentrata in un chip” venne a Robert Langer e a Michael Cima, professori al David H. Koch Institute del Mit, a metà degli anni novanta. Presentato per la prima volta su Nature nel 1999, il progetto venne adottato dalla MicroCHIPS, che cominciò a perfezionarlo rendendo ermetico il serbatoio del farmaco e aggiungendo un sistema di rilascio compatibile con i tessuti viventi. Così, dopo un primo test clinico eseguito nel 2011 con buon esito, ora il chip è stato impiantato su un campione costituito da sette donne con osteoporosi da menopausa, con risultati decisamente incoraggianti.
Il teriparatide, il farmaco anti-osteoporosi usato dagli studiosi, è stato immagazzinato in venti dosi contenute in minuscoli serbatoi (ognuno grande come una punta di spillo e realizzato con una speciale tecnica di saldatura a compressione). La sigillatura del contenuto è stata affidata a uno strato d’oro, che protegge il principio attivo ma è abbastanza sottile da dissolversi rapidamente a comando. Sebbene attorno al dispositivo impiantato tenda naturalmente a formarsi una membrana fibrosa a base di collagene, l’assorbimento del medicinale non è risultato compromesso. Tanto che, nei dodici mesi di trattamento, le donne in osservazione hanno efficacemente contrastato l’osteoporosi come se il teriparatide fosse stato assunto per iniezione.
I chip programmabili, secondo Robert Farra, principale autore dello studio, potranno in futuro liberare dal fastidioso rituale delle punture quotidiane anche i malati di altre malattie croniche, come sclerosi multipla e cancro. “La collaborazione è molto importante in molti regimi di assunzione di farmaci e può essere molto difficile far accettare al paziente la necessità di auto-iniezioni giornaliere”, spiega Cima. “La nuova invenzione può far fronte a questo problema, delineando un futuro in cui il regime delle cure farmacologiche sarà completamente automatizzato”.
Al momento, i chip possono essere programmati in anticipo oppure controllati in remoto attraverso una speciale radiofrequenza (chiamata Medical Implant Communication Service: MICS), un sistema che lavora su distanze di pochi centimetri. Ma i ricercatori progettano di allungare questo raggio d’azione.
Riferimento: DOI: 10.1126/scitranslmed.3003276
Credit immagine: MicroCHIPS, Inc., Massachusetts
Speriamo che le mettano a disposizione negli ospedali al più presto!