Il fegato non va? Lo cambio

Per la macchina facciamo il tagliando. Se qualcosa non va si ripara o si cambia. Alla nostra automobile rinnoviamo freni, frizione, olio, candele, pneumatici. Ma è fantascienza pensare a pezzi di ricambio per il nostro organismo in via di logoramento? Non proprio. Secondo centinaia di ricercatori di tutto il mondo, riparare o sostituire si può, anche nell’essere umano. Si chiama ingegneria tissutale o medicina rigenerativa. Consiste nel costruire, cellula per cellula, molecola per molecola, un tessuto o un organo per rimpiazzare parti che non funzionano più. L’applicazione più ovvia, e una tra le più storiche, è quella del trapianto di cute, un vero e proprio salvavita per i grandi ustionati. Ranieri Cancedda e Michele De Luca all’Università e Istituto Tumori di Genova furono dei pionieri, sviluppando e perfezionando la tecnica di preparare veri e propri lembi di pelle dalle cellule epiteliali della nostra cute, i cheratinociti, usando colture cellulari e fibroblasti di supporto.Un miracolo più recente, messo in opera dalle mani (e dal cervello) di Michele De Luca con Graziella Pellegrini, ora a Venezia dopo un lungo impegno nella capitale, è quello di ridare la vista ai ciechi. Nell’occhio, e in particolare nella congiuntiva, si trovano delle cellule staminali multipotenti, in grado di rigenerare un tessuto simile a quello della cornea. Decine di pazienti, alcuni non vedenti da anni, sono stati letteralmente miracolati da questa tecnologia, recuperando la vista dopo il trapianto delle cornee ingegnerizzate. E non è tutto. Gli scienziati, riuniti a Genova questo mese nel secondo congresso annuale della European Tissue Engineering Society, presieduto da Ranieri Cancedda, si sono cimentati nell’ultimo decennio con la ricostruzione dei tessuti e degli organi più disparati. L’uretra, la vescica, la vagina, l’utero, tutti quei “pezzi” che possono subire danni, dovuti anche a tumori, possono essere preparati in vitro e introdotti nell’organismo al quale, piano piano, si adattano e del quale sono in grado di diventare parte integrante. I peli, i capelli e il bulbo capillifero, possono ridare una chioma ai calvi. Al convegno ne ha parlato il professor Barrandon di Losanna. E all’Università e l’Ist di Genova, l’équipe di Pierluigi Santi con Edoardo Raposio sta applicando queste tecnologie. Si lavora, per esempio, anche sui vasi sanguigni, i canali che trasportano nell’organismo la nostra linfa vitale. In questo campo uno dei massimi esperti è Napoleone Ferrara, italiano di origine, che lavora a San Francisco, alla Genentech, e ha portato a termine il primo studio clinico di incontrovertibile successo nella cura dei tumori, “soffocando” i vasi. Ma, ovviamente, nell’ingegneria tissutale, i vasi si vogliono anche costruire. La difficoltà è trovare una buona cellula “staminale” endoteliale. Già, perché alla base della ricostruzione dei tessuti c’è sempre la capacità di reperire cellule immature in grado di riprodursi in quantità tale da manifestare la parte umana che si vuole “sostituire”. Grande impegno, perché bersaglio di malattie genetiche infantili, come la distrofia, è profuso nello studio sul muscolo. È recente la scoperta italiana coordinata da Giulio Cossu, con un gruppo di ricercatori dell’Istituto San Raffaele di Milano e di Roma, pubblicata su Science, del possibile utilizzo di mesoangioblasti, una classe di cellule staminali associate ai vasi, per ricostruire il tessuto che consente i movimenti. Il vantaggio di queste cellule è che, distribuendosi attraverso la circolazione capillare, si insediano nel muscolo con notevole facilità, e qui possono proliferare.Malattie gravi, come gli osteosarcomi, spesso infantili, possono ledere la nostra struttura ossea. Ranieri Cancedda stesso, e Rodolfo Quarto a Genova, sperimentando i supporti più disparati, sono stati capaci di orientare le cellule staminali dell’osso a riformare segmenti anche ampi dello scheletro. Quasi impensabile sembrava la possibilità di produrre cartilagine, un tessuto particolarmente ostico. Invece anche qui si confermano i primi successi ottenuti una decina di anni fa, tra i precursori, oltre dal già citato Cancedda, da Mattis Brittberg in Svezia. Anche su fegato e pancreas si lavora intensamente, in Italia e all’estero. E si sperimenta anche per sostituire pezzi dell’apparato che pulsa per la nostra vita, il cuore. Il Professor Itescu a New York si occupa di neovascolarizzazione del miocardio usando angioblasti del midollo spinale adulto. Infine, la ricerca forse più audace, quella sul cervello. In questo caso l’ingegneria tissutale sconfina davvero ancora nella fantascienza.*Direttore Laboratorio Oncologia Molecolare – IST Genova

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