Una doppia biografia a cavallo tra scienza e la società danese e tedesca tra il XVI e il XVII secolo. I nomi di Tycho Brahe (1546-1601) e Giovanni Keplero (1571-1630) sono legati alla rivoluzione copernicana che segnò un punto di svolta per lo studio dell’astronomia, cambiando la visione dell’universo, da tolemaica a eliocentrica. Brahe fu sicuramente il più brillante astronomo che visse fino in quel momento. Nobile danese che poteva contare sui favori del re di Danimarca Federico II e in seguito di suo figlio Cristiano IV, viaggiò per l’Europa alla ricerca di nuovi mecenati, fino ad arrivare a Praga, alla corte dell’imperatore Rudolph II. Ed è proprio nella capitale ceca che avvenne l’incontro con il tedesco Keplero, 25 anni più giovane, involontario custode delle sue tavole astronomiche e delle altre osservazioni sul cielo.
L’incontro tra i due personaggi viene presentato da Kitty Ferguson con lucidità; le vite parallele dei due studiosi, prima raccontate in maniera distinta, si mescolano ora in un’unica narrazione. È proprio grazie alle rielaborazioni e agli studi sul materiale lasciato dal danese, infatti, che il giovane Keplero poté finalmente dimostrare la visione copernicana dell’Universo.
Raccogliendo le osservazioni di Brahe e rivedendo il modello di Copernico, Keplero realizzò un nuovo sistema astronomico, nel quale il Sole si trovava al centro dei pianeti, compresa la Terra, che gli ruotavano attorno. Il modello non faceva evidentemente riferimento all’esperienza empirica, ma era una accurata supposizione della posizione dei pianeti, migliore di qualsiasi altro modello del passato, incluso quello tolemaico. È dunque corretto pensare ai due scienziati, come “la coppia che rivoluzionò la scienza”, le cui scoperte posero le basi per le ricerche di Isaac Newton, anni più tardi. Senza Brahe è probabile, infatti, che il genio di Keplero avrebbe tardato a venire alla luce, così come senza Keplero, le acute rilevazioni del danese sarebbero forse cadute nel vuoto.
Il periodo scelto da Kitty Ferguson è per questo uno dei più avvincenti della storia della scienza, ambientato in un’epoca piena di contraddizioni, che viveva in bilico tra la riforma luterana e la controriforma avviata dal Concilio di Trento. L’autrice sceglie di raccontarlo da un punto di vista originale, soffermandosi sui dettagli, sulle luci e le ombre dell’epoca. Il racconto segue passo passo le ricerche dei due studiosi, racconta le loro vite, ne discute le trovate scientifiche. È proprio questo intreccio l’aspetto più affascinante del libro, perché entrambi, Brahe e Keplero, sono presentati come due uomini reali, con le loro debolezze, la curiosità verso l’ignoto e l’amore per la scienza. Ne “L’uomo dal naso d’oro” – è Tycho Brahe, per via di una protesi al naso che si realizzò personalmente in seguito ad un duello – è evidente la stretta relazione tra la scienza e la società, l’influenza che il contesto socioculturale ha sugli scienziati, mentre questi, a loro volta, influenzano l’ambiente che li circonda. La lettura è divulgativa, cerca di raccontare un pezzo di storia dell’astronomia mettendo insieme scienza e antropologia, diventando fruibile non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per i non esperti e i semplici curiosi.