Combinando singoli filamenti di Dna come fossero mattoncini del Lego, un gruppo di ricerca dell’Harvard University ha creato nanostrutture tridimensionali dalle grandi potenzialità in ambito medico, biofisico e tecnologico. Nello studio, che si è guadagnato la copertina di Science, Yonggang Ke e colleghi descrivono la tecnica utilizzata per assemblare le complesse e versatili strutture tridimensionali partendo da cortissimi filamenti di dna e giocando esclusivamente sui legami obbligati tra le unità che formano la macromolecola genetica.
La tecnica messa a punto dai ricercatori, chiamata autoassemblaggio di mattoni di Dna, utilizza come ingredienti di base singoli filamenti di Dna lunghi appena 32 nucleotidi. I nucleotidi sono le unità costituenti del materiale genetico formate da uno zucchero e un gruppo fosfato più una di quattro differenti basi azotate (adenina, guanina, citosina e timina). Per formare la doppia elica del Dna, i nucleotidi di ogni filamento si appaiano seguendo regole ferree: quelli che contengono adenina si legano sempre a quelli che contengono timina, quelli con citosina si combinano sempre a quelli con guanina.
Ogni filamento si comporta come un mattoncino che può legarsi fino ad altri quattro filamenti, seguendo la regola della complementarietà delle basi (con 8 si lega a uno, con altre 8 a un altro e così via, fino a impegnare tutti i 32 nucleotidi). Dal momento che il legame tra ogni coppia di basi azotate può ruotare sino a 90°, la struttura assume una forma tridimensionale. Aggiungendo un mattoncino dopo l’altro, i ricercatori hanno creato una macromolecola di dna di forma cubica e delle dimensioni di 10 x 10 x 10 voxel. I voxel sono le fondamenta della macromolecola cubica: corrispondono a segmenti di Dna formati da otto paia di basi e sono grandi all’incirca 2,5 nanometri.
A questo punto, isolando sottogruppi di mattoncini di Dna dalla macromolecola cubica, i ricercatori hanno ottenuto 102 strutture tridimensionali dalle forme complesse, con cavità e tunnel. La versatilità della tecnica è proprio nell’architettura modulare della macromolecola di Dna: ogni mattoncino può essere rimosso o aggiunto indipendentemente, dando origine a una gran varietà di strutture. Ma a cosa servirà questo Dna sintetico? I ricercatori sperano di poterlo utilizzare per trasportare molecole biologiche o farmaci all’interno dell’organismo, o come modello per la fabbricazione di circuiti nei computer.
Via: Wired.it
Credits immagine: Yonggang Ke