Il mantello dell’invisibilità al tatto

(Non) ne avevamo visti di tutti i tipi: suono, vista, tempo. Ma il mantello dell’invisibilità meccanica appena sviluppato dagli scienziati del Karlsruhe Institute of Technology, descritto sulle pagine di Nature Communications, è una completa novità: i ricercatori sono riusciti a creare una cavità in cui un oggetto può essere completamente nascosto al tatto. Passandovi uno strumento di misura o un dito sopra, assicura chi l’ha provato, non si sente assolutamente niente.

I principi fisici alla base del dispositivo sono tutt’altro che semplici. Il mantello è basato su un metamateriale, un polimero con struttura cristallina costituita da minuscoli coni aghiformi, le cui punte si toccano. La dimensione dei punti di contatto è calcolata con estrema precisione affinché l’oggetto abbia le capacità meccaniche desiderate. Nello strato inferiore del metamateriale è posto un cilindro rigido. Ed è qui che avviene la magia: inserendo un oggetto dentro il cilindro, questo improvvisamente scompare al tatto: la struttura del metamateriale dirige la forza del dito che tocca l’oggetto in modo tale che questi sia completamente nascosto.

L’implementazione dell’invisibilità meccanica, spiegano gli scienziati, è piuttosto complessa. Dopo aver definito le proprietà meccaniche che desideravano raggiungere, i ricercatori hanno invertito matematicamente le equazioni fisiche di base per trarre conclusioni su come dovesse essere fatto il metamateriale. Usando questo metodo è possibile, almeno in linea teorica, progettare materiali non presenti in natura, come solidi rigidi resistenti alla pressione ma morbidi al taglio.

Per ora, comunque, il mantello non è altro che un divertissement. Il risultato di una ricerca assolutamente di base, almeno per ora. Ma che potrebbe aprire spiragli per nuove applicazioni in pochi anni, in quanto permette di produrre materiali con proprietà meccaniche arbitrarie. Per esempio, materassi estremamente sottili e leggeri o tappeti che nascondono cavi sottostanti.

Via: Wired.it

Credits immagine: T Bückmann / KIT

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