Da febbraio a oggi almeno 900 delfini si sono arenati sulle coste del Perù. Sono stati trovati morti e in avanzato stato di decomposizione, insieme a oltre 5000 uccelli, soprattutto pellicani. Il paese, uno dei più ricchi in termini di fauna marina grazie anche alla corrente di Humbold, sta affrontando una delle più grandi perdite di esemplari della storia.
Tra i primi a denunciare il fatto, l’associazione Orca (Ocean Research and Conservation Association), che ora chiede spiegazioni. A oggi però, si sono avanzate ipotesi solo sulla triste sorte dei volatili: secondo quanto dichiarato dalle autorità, la causa delle morti andrebbe ricercata nelle anomale temperature dell’Oceano Pacifico, più alte quest’anno rispetto alla media stagionale. Il caldo avrebbe avuto come conseguenza primaria la “fuga” dei pesci in acque più profonde, lontano dalla portata degli uccelli marini che sarebbero quindi morti di fame.
Per quanto riguarda i delfini, invece, l’ecatombe è ancora senza spiegazione. Secondo Orca, tra le cause potrebbero esserci i sonar dalle navi. Infatti, gli esami autoptici condotti dagli scienziati dell’associazione su 30 degli animali morti hanno mostrato fratture nell’orecchio interno, emorragie nel grasso mandibolare – dove queste onde sono percepite – e fegato collassato.
Lo spiaggiamento di cetacei causato da onde a bassa e media frequenza emesse dai sonar (Lfas) non è una novità. Queste onde, infatti, spaventerebbero gli animali, inducendoli a una emersione troppo rapida, che può essere causa di embolie (Leggi questo articolo di Galileo per saperne di più). Finora, tuttavia, l’agenzia governativa responsabile delle indagini, l’Imarpe (Instituto del Mar del Perù) non ha voluto pronunciarsi.
Tra le altre cause possibili ci sarebbero anche l’intossicazione da metalli pesanti e pesticidi o infezioni batteriche causate da ceppi dei generi Brucella e Leptospira.
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