“Io consumo piu energia di 6000 indiani!” esordiscecosì Carlo Rubbia, intervistato da Galileo sul problema dell’energianucleare. “Oggi si bruciano in tutto il mondo 4 miliardi di tonnellatedi carbone: una tonnellata per abitante. Una centrale elettrica a carbonebrucia 3 milioni di tonnellate di combustibile, come un TIR con un caricodi 30 tonnellate consumato ogni 300 secondi, con un’emissione di 10 milionidi tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera. Negli Stati Uniti ilconsumo energetico è tre volte quello europeo e giapponese, mentrein Cina è solo un decimo. Da questi dati appare evidente, da unaparte un cospicuo squilibrio fra il mondo industrializzato e quello invia di sviluppo, e dall’altra il fatto che lo sviluppo economico èdirettamente proporzionale al consumo energetico. Il divario appare ancorapiu profondo se si considera che i paesi in via di sviluppo ospitano l’85%dell’intera popolazione mondiale. L’ovvia conseguenza sarà l’aumentoesponenziale, negli anni a venire, della domanda di energia”.
L’umanità in provetta
Come tiene a sottolineare il Premio Nobel, “il problema non ètanto quello di un’offerta insufficiente. La quantità disponibiledei combustibili tradizionali – petrolio, carbone, gas naturali – èben lontana dall’esaurirsi e il loro costo resta contenuto rispetto a quellodelle fonti non convenzionali. La vera crisi energetica è legataessenzialmente all’impatto sull’ambiente, che assume ora una nuova preoccupanteconnotazione: la globalizzazione del fenomeno dovuta all’effetto serra”.Mentre in passato si poteva parlare di impatto locale (emissioni di zolfoo di ossido di azoto), un fenomeno che, per quato grave, si manteneva limitatoai confini di una regione finita di spazio (si pensi all’inquinamento diCittà del Messico o di Bangkok), da dieci anni a questa parte ilproblema si è esteso a tutto il pianeta. Esistono prove sperimentalidelle modifiche indotte dall’uomo sul clima globale, confermate ufficialmentedal Global Change Data Center dellaNasa.”E’ come se avessimo avviato un esperimento in una provetta alcui interno ci troviamo noi stessi. Global Warming non vuole dire altroche aumento generalizzato, su scala planetaria, della temperatura, ed èil nome della minaccia che incombe sulle future generazioni”.
“Si pensi che una molecola di anidride carbonica rimane nell’atmosferaper ben 200 anni, caricandola fino a provocare un aumento della temperaturamedia del pianeta tra i 5 e i 10 gradi nel giro di un secolo. Con qualieffetti? I ghiacciai si fonderebbero, aumentando il livello medio del maredi circa un metro. Ciò implicherebbe importanti modifiche dellecondizioni climatiche generali: desertificazione del sud del pianeta, aumentodelle piogge al nord e avanzamento delle malattie tropicali dall’Africaverso il continente europeo. Cambiamento già in atto, se si considerache la temperatura media globale è aumentata dimezzo grado centigradoe che la spesa delle compagnie assicurative relativa alla voce “catastrofinaturali” ha recentemente subito un incremento senza precedenti, comeha dichiarato il presidente della una delle più grandi compagnieassicurative tedesche all’ultimo Verticesul Clima di Berlino. Il costo effettivo del petrolio dovrebbe quinditener conto di queste ‘spese ambientali’. Ma – si chiede ancora Rubbia- possiamo permetterci il lusso di aumentare il costo del barile?”.
La grande illusione dell’energia senza rischi
“Per porre correttamente la questione energetica, è necessarioconsiderare che le variabili in gioco in una analisi comparativa dellepossibili fonti sono in realtà molte ed è facile perderedi vista aspetti cruciali. Alla base c’è un problema di cattivainformazione legata alla mancanza generalizzata di una conoscenza obiettivadei dati. E’ illusorio pensare che si possa produrre energia senza rischi.Nella valutazione del nucleare, ad esempio, intervengono fattori emotiviche concentrano l’attenzione e i timori del pubblico sulle scorie radioattive,innegabilmente dannose, ma altrettanto pericolose della permanenza dellemolecole di anidride carbonica, per 200 anni, nell’atmosfera”.
“Le speranze riposte nelle fonti di energia rinnovabili sono spessoillusorie rispetto alle possibilità reali offerte: il valore diuna fonte, infatti, è strettamente legato alla quantità dienergia in essa concentrata, fatto ovvio, ma inevitabile. Non tutti sannoche in un paese notoriamente ‘ecologico’ come la Danimarca, ad esempio,sono necessari 2 milioni di chilometri quadrati coltivati a biomasse perottenere circa 30 GigaJoule di energia e che il contributo della fonteeolica, la piu sviluppata d’Europa, rappresenta il 3,7% dei consumi elettrici”.
L’Amplificatore di Energia
La logica apparentemente inattaccabile di quest’analisi conduce allasoluzione caldeggiata da Rubbia come l’unica strada percorribile: un nuclearerinnovato che vada incontro alle esigenze di uno sviluppo sostenibile.Il progetto dell’Amplificatore di Energia (il neologismo intende sottolineare la differenza con una centralenucleare tradizionale) occupa le giornate del fisico italiano da ormaitre anni. Si tratta di una macchina in grado di produrre energia dallafissione nucleare, ma senza i rischi delle centrali nucleari tradizionali.
La differenza fondamentale rispetto a un reattore convenzionale èche la reazione di fissione nucleare non è autosostenuta: ha bisognodi un input continuo di neutroni prodotti da un acceleratore; se l’acceleratoreviene spento (un’operazione semplice come spegnere una lampadina), la reazionesi ferma.
L’Amplificatore di Energia, oltre a produrre energia nucleare pulita epriva di rischi, potrebbe essere utilizzato per eliminare le scorie radioattive,oggi sepolte sotto terra. Il plutonio residuo prodotto dai reattori nuclearitradizionali contiene il 40 per cento di energia generata: una tonnellatadi plutonio equivale quindi a tre milioni di tonnellate di carbone, cioècirca a 14 milioni di barili di petrolio. Il plutonio è quindi estremamentericco di energia. Il problema è quello di sfruttarla, trasformarlain energia utile. Se si carica l’Amplificatore di Energia con il torio,e un poco di plutonio, quest’ultimo brucia in maniera continua, fino allasua eliminazione totale. Si può quindi sfruttare questo materialeche nessuno vuole, che tutti considerano un serio problema ambientale,e convertirlo in energia utile, evitando emissioni di CO2 e l’effetto serra.
Le prestazioni di questa macchina sono già state confermate daidati sperimentali raccolti da Rubbia, con un gruppo di ricercatori italianie spagnoli, in due diversi test effettuati al CERN,il Laboratorio Europeo per la Fisica delle Particelle di Ginevra, che hadiretto dal 1989 al 1993 e dove lavora dal 1961. La fase di ricerca fondamentaleè praticamente conclusa e Rubbia aspetta solo il passosuccessivo, quello industriale, per trasformare il suo progetto inun prodotto finito. “Considerate queste premesse – afferma Rubbia-il resto dovrebbe arrivare come logica conseguenza. Ma il principio d’inerziainveste tutti i campi della fisica (e non solo della fisica), e di certonon risparmia il settore dell’energia. D’ altronde non c’è da stupirsi,se si considera che la penicillina è stata scoperta nel 1928 e commercializzatasolo nel 1945. Ci sono voluti ben17 anni, perché l’umanitàpotesse beneficiare della rivoluzionaria scoperta”.
Fusione: Magnetica o Inerziale?
“La fusione racchiude in se la promessa di un’energia abbondante,ottenuta con combustibili disponibili e con un impatto ambientale basso”.Sono parole pronunciate da Bill Clinton, il Presidente degli Stati Uniti.”Invero – spiega Rubbia – l’ energia inesauribile del sole viene prodottaproprio dalle reazioni di fusione nucleare che avvengono al suo interno.La fusione si verifica quando nuclei leggeri collidono ad alta velocitàe si fondono, liberando energia. Nella seconda metà di questo secolosono state messe a punto due tecniche principali , la Fusione a ConfinamentoMagnetico (MCF), prima, e quella inerziale (ICF) poi, per lo sviluppo tecnologicodi reattori a fusione nucleare basati sullo sfruttamento di reazioni difusione prodotte artificialmente per generare energia elettrica, il cuiscopo principale era, in altre parole, lo sviluppo di un sole artificiale.
Nella MCF,si utilizzano campi magnetici per confinare un plasma di deuterio e trizioriscaldato a milioni di Kelvin. Nella ICFsi sfrutta un ‘driver’, come ad esempio un raggio laser ad alta potenzao un fascio di ioni per comprimere un pellet di deuterio e trizio del pesodi pochi milligrammi così rapidamente che la reazione di fusionesi verifica prima che il plasma ottenuto si possa espandere.
La ICF presenta alcuni vantaggi rispetto alla MCF come base per un reattorea fusione. Ad esempio, nella ICF non c’è bisogno di confinamentodi plasma e neanche di mantenere un vuoto ultraspinto, quindi il mezzomoderatore può essere posto tra il bersaglio e la prima parete delrecipiente in cui avviene la reazione, minimizzando il danno radioattivoal recipiente e riducendo notevolmente la quantità di scorie radioattivegenerate nell’arco di vita del reattore.
Nella MCF, la produzione di trizio, l’accensione e la carburazione sonostrettamente collegate nello stesso apparato, mentre in un reattore a ICF,il ‘driver’, le ‘pellets’ di combustibile e il sistema di produzione energeticosono separati, a vantaggio di una maggiore flessibilità nel disegnodel reattore. Inoltre la ICF può essere ottenuta utilizzando combustibilidiversi da deuterio-trizio, come ad esempio deuterio-deuterio, che ridurrebberoulteriormente la produzione di scorie radioattive. La ricerca sull’ICFcominciò a metà anni ‘70, circa 20 anni dopo l’inizio dellaricerca sulla MCF, eppure, secondo un rapporto provvisorio dell’ESTA, l’AssembleaEuropea per la Scienza e la Tecnologia, entrambe le tecnologie sono orapraticamente allo stesso punto, vicine all’accensione. L’Europa dovrebbequindi devolvere il 10 per cento dei fondi del progetto fusione per progettidi MCF, come il JET (Joint European Thorus) o il suo successore ITER, per sviluppare un programmadi ICF paragonabile a quello degli StatiUniti e del Giappone.
Grazie ai potenziali vantaggi offerti dall’abbondanza delle risorse, chesono oltretutto anche equamente distribuite (l’acqua di mare è unpotenziale combustibile), l’impatto ambientale benigno ed alcune altrecaratteristiche favorevoli, la fusione nucleare promette di essere unanuova fonte energetica per il mondo a partire dal 21esimo secolo”.
Aspettando la fusione
Aspettando la fusione, potrebbe essere sviluppato l’Amplificatore d’Energia. “Il costo totale del progetto la fase industriale è di circa trecento milioni di dollari, una spesa inferiore a quellarichiesta da un satellite o da un aereo militare”.
Rubbia sta cercando di mettere insieme un’ampia collaborazione internazionale,nella quale hanno già assicurato la loro partecipazione l’UnioneEuropea e la SincrotroneTrieste. Il progetto è in fase negoziale con diversi paesi,come Olanda, Svizzera, Svezia e Francia. Agli inizi di luglio Rubbia haincontrato le autorità del governo e gli industriali della regionespagnola di Aragon a Saragozza e il Presidente del Consiglio Aznar, a Madrid,e benché non voglia sbilanciarsi troppo, non può nasconderela sua soddisfazione.
La Spagna ha già prodotto una ventina di tonnellate di plutonioe sia le autorità spagnole che gli industriali hanno mostrato uninteresse concreto per la costruzione, a Saragozza, di un prototipo dimostrativoche, al tempo stesso, sia anche un laboratorio di ricerca. Si tratterebbedi sviluppare una tecnica che permetta di eliminare i residui nucleariproprio laddove vengono prodotti, evitando così tutti i rischi politicie ambientali connessi al loro trasporto: “Maometto andrebbe cosìalla montagna e non la montagna da Maometto”.
L’amplificatore spagnolo sarebbe quindi una macchina di piccole dimensioni,adiacente ad un reattore convenzionale, nella quale verrebbero immessii residui radioattivi, non solo di plutonio, ma di tutti gli attini didi lunga durata, accumulati nelle piscine delle centrali, che verrebberopoi opportunamente preparati per essere bruciati e produrre energia daincanalare direttamente nella rete elettrica.
Gli spagnoli hanno chiesto a Rubbia di formulare una proposta concretaentro la fine del mese di novembre e il Nobel ha già messo a punto un progamma per cui l’acceleratoredi particelle potrebbe essere costruito in Italia. Ma allo stesso tempo, il fisico ha anche chiestoal Cern di poter utilizzare un terzo delle cavità acceleratricidel LEP2 – disponibili nel 2000 – per costruire l’acceleratore linearenecessario all’Amplificatore di Energia. A Ginevra infatti è giàstata sviluppata una buona esperienza nella tecnologia delle macchine acceleratrici,ma non nelle componenti di impiantistica nucleare, mentre gli spagnolihanno sviluppato know how nelle centrali nucleari tradizionali, sufficienteper seguire l’Amplificatore di Energia.
“Una volta definita una prima lista di partecipanti e combinati insiemefavorevolmente i fattori politici e finanziari, sarebbe sufficiente unanno per finalizzare il progetto esecutivo e realizzare piccoli prototipidi componenti a un costo di una trentina di milioni di dollari, circa il10 per cento del costo totale. Per la costruzione della macchina occorrerebberoancora quattro anni, un tempo ragionevolmente breve se paragonato all’urgenzadel problema! Basti ricordare che in Francia, ad esempio, esiste una leggeper cui entro il 2005 deve essere definita una strategia precisa per l’eliminazionedelle scorie radioattive. Le caratteristiche tecniche del mio progettorispondono perfettamente all’esigenza politica di trovare una soluzionealla questione nucleare”
Siamo nel 2023. Il prof. Rubbia diceva queste cose nel 1997. Come mai non sono state ascoltate?
Ricordo che ai tempi si era anche rivolto al Presidente della Repubblica per chiedere la riapertura al nucleare mediante una lettera sottoscritta da numerosi scienziati ed anche da persone comuni, come ad esempio me. Il tutto inascoltato e con l’opinione pubblica immersa in un oblio d’ignoranza. Adesso siamo ancora in corsa per cercare di far capire, ad esempio con divulgatori scientifici come l’Avvocato dell’Atomo. Speriamo di vedere qualcosa muoversi presto!