Quali sono, in Europa, i sistemi sanitari migliori dal punto di vista dei pazienti? Che li mettono nella reale condizione di informarsi, responsabilizzarsi, per scegliere dove e come curarsi? E che garantiscono il rispetto dei loro diritti? A dare i punti e stilare l’elenco è il rapporto “The Empowerment of the European Patient – Options and Implications” 2009, presentato oggi a Bruxelles, che compara le condizioni dei pazienti in 31 paesi europei e trae le sue conclusioni: nella classifica salgono sul podio, nell’ordine, Danimarca, Germania, seguite da Svizzera e Finlandia (a pari merito). L’Italia è al 18esimo posto, preceduta dal Regno Unito e seguita dalla Repubblica Ceca.
I criteri in base ai quali è stato redatto il rapporto prendono in considerazione quattro questioni: i diritti del paziente, l’accesso alle informazioni, la tecnologia a disposizione, il supporto economico da parte dello stato. Per ciascuna categoria sono stati analizzati più aspetti per un totale di 18 indicatori (per esempio, in “Diritti dei pazienti” compaiono le voci “assicurazioni contro le negligenze”, “accesso diretto agli specialisti”, “accesso ai dati medici”, “partecipazione ai programmi di screening”,…). Il nostro paese riporta buoni voti solo in “diritto di scelta del medico curante” e “accesso ai registri dei medici”. Per il resto siamo sull’appena sufficiente, mentre andiamo decisamente male in “assicurazioni contro episodi di malasanità”, “accesso alle informazioni interattive via Web o telefoniche”, “informazioni sui farmaci” (qui il link alla classifica).
Emerge, quindi, che i pazienti italiani non sono autonomi nella gestione della propria salute e che avrebbero bisogno di maggiori informazioni (comprensibili) sui farmaci, e di fonti che vadano ad integrare ciò che viene riferito dal medico e dal farmacista. Il facile accesso a queste informazioni, secondo gli autori, rende le persone più attive e consapevoli. In Svezia, per esempio, esiste un sito in cui trovare i dati sui medicinali e un servizio che avverte via Sms i consumatori in caso di nuovi effetti collaterali.
I risultati non vanno intesi come un giudizio di qualità sui sistemi sanitari in senso stretto, ma dal punto di vista della responsabilizzazione del paziente. Ciò non toglie che esistano delle grandi differenze tra i vari paesi d’Europa e tra diversi gruppi sociali, come ricorda Androulla Vassiliou della Commissione Europea: “Tra le persone che vivono nel paese con la migliore assistenza sanitaria e quelle che vivono nella condizione peggiore, questa differenza è misurabile in 18 anni di vita sana”. Per fare degli esempi, le malattie cerebro-vascolari uccidono le donne sei volte di più in Romania che in Francia, e la polmonite miete nove volte più vite in Slovacchia che in Grecia. (t.m.)