Il senso del tatto simulato al computer

31.000 neuroni di 207 tipi differenti, 55 strati cellulari diversi, 8milioni di collegamenti tra cellule e 37 di sinapsi. Sono i numeri snocciolati in un articolo apparso su Cell dai ricercatori del Blue Brain Project (Bbp) che spiegano come sono riusciti a simulare un’attività cerebrale limitata ma altamente sofisticata come quella di un ratto che “tasta” l’ambiente utilizzando le sue vibrisse.

Firmato Henry Markram dell’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL), il paper illustra il primo significativo risultato del mega progetto europeo Blue Brain Projectlanciato nel 2005 con l’obiettivo di realizzare una simulazione al computer biologicamente dettagliata del cervello.

10 anni di studi sono serviti a Markram e altri 82 ricercatori di diverse parti del mondo per raccogliere dati sperimentali sull’attività di questa specifica area sensoriale nella corteccia cerebrale del ratto, sui neuroni e le loro proprietà elettriche, i canali ionici e altre proteine che diversi tipi di cellule in genere producono. L’area cerebrale che si attiva quando l’animale utilizza i baffi per “toccare” gli oggetti è stata sezionata e stimolata in tutte le direzioni, registrando ed etichettando 14.000 neuroni. Un algoritmo sviluppato ad hoc ha permesso quindi di raddoppiare il numero delle cellule nervose coinvolte nella simulazione, arrivando a un totale di 31.000 neuroni. “Insieme, questi costituiscono un microcircuito”, spiega Markram, “una piccola rete di neuroni che comunicano tra loro”.

A questo punto, con potenti supercomputer è stato possibile simulare il comportamento del microcircuito in condizioni diverse. Il team ha scoperto che regolando un solo parametro, il livello di ioni calcio che attraversano la membrana dei neuroni, si possono ottenere modelli differenti di attività. “Il frammento di cervello virtuale si è comportato in modo molto simile al suo modello reale”, sottolinea Markram. “Un risultato che non poteva essere ottenuto a partire dalle caratteristiche dei singoli neuroni”.

Riferimenti: Cell Press Doi: http://dx.doi.org/10.1016/j.cell.2015.09.029 

Credits immagine: Makram et al./Cell 2015

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