HomeSpazioIl suono di uno scontro galattico

Il suono di uno scontro galattico

Le emissioni radio provenienti dagli ammassi di galassie sono gli echi degli scontri tra le galassie stesse. Lo ha rivelato uno studio italo-statunitense condotto dai ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e dall’ Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics di Cambridge, che sarà pubblicato su Astrophysical Journal Letters.

Per svelare il mistero dell’origine delle emissioni radio (aloni radio) i ricercatori hanno studiato trentadue ammassi di galassie osservati alla stessa epoca cosmologica, ovvero circa tre miliardi di anni fa. Queste enormi strutture contengono migliaia di galassie e si formano grazie a scontri e aggregazioni (merger) tra ammassi più piccoli. Le collisioni sono altamente energetiche (nell’Universo attuale sono secondi solo a quanto stimato per il Big Bang) e producono un “rumore”. Secondo i ricercatori, il riverbero di questo rumore sono proprio le emissioni che gli astrofisici captano con i radiotelescopi in banda radio. Combinando i dati raccolti da questi strumenti con quelli ottenuti nella banda dei raggi X dal satellite Chandra, gi scienziati hanno dimostrato, infatti, che le emissioni radio vengono generate solo durate la formazioni degli ammassi di galassie.

Le emissioni dei raggi X mostrano proprio il momento di aggregazione tra due ammassi più piccoli e rispecchiano le quantità di gas caldo creatosi durante lo scontro. Grazie a questo dato di riferimento, i ricercatori hanno potuto far combaciare i momenti di emissione nella banda radio con quelli degli scontri galattici. “Le osservazioni hanno mostrato che tutti gli ammassi con alone radio sono caratterizzati dalla presenza di merger in corso, o sono ammassi in formazione” ha commentato Rossella Cassano, post-doc presso l’Inaf- Istituto di Radioastronomia di Bologna e autrice dell’articolo.

“Le emissioni in banda radio, quindi, permettono di ottenere informazioni sugli ammassi di galassie complementari a quelle ottenute in altre bande dello spettro elettromagnetico. Ora Lofar, il grande radiotelescopio europeo inaugurato lo scorso giugno, permetterà di studiare questi fenomeni fino a epoche remote, circa otto miliardi di anni fa”, ha concluso la ricercatrice.

RESTA IN ORBITA

Articoli recenti