Quante volte abbiamo osservato il cielo e visto uno stormo di uccelli migratori volare in formazione a “V”? Questo strano fenomeno è rimasto oscuro per molto tempo, sebbene diverse teorie matematiche abbiano tentato di spiegarlo. In uno studio multicentrico coordinato dall’University College of London e pubblicato su Nature, gli autori dimostrano per la prima volta che quando gli ibis, una specie molto rara di uccelli migratori, volano in formazione a V, si dispongono nella posizione migliore dal punto di vista aerodinamico al fine di ridurre l’attrito dell’aria e il consumo energetico associato al volo.
Secondo i modelli matematici più complessi finora proposti, le formazioni di volo a V caratterizzate dalla presenza di un esemplare al vertice e altri disposti in modo che ciascun individuo sia leggermente spostato verso l’esterno, permettono agli uccelli di fare meno fatica durante il volo. Infatti, ogni uccello può sfruttare la scia creata da quello che gli sta davanti riducendo l’attrito dell’aria e acquistando maggiore velocità. Un po’ come succede nelle gare di Formula 1, quando due automobili si trovano una dietro l’altra prima di un sorpasso.
Per verificare se queste predizioni fossero reali, i ricercatori si sono serviti di 14 esemplari di ibis eremita nati in cattività presso lo zoo di Vienna in Austria nel 2011 e addestrati al volo lunga una specifica rotta da “genitori adottivi umani” tramite l’uso di un paraplano. La rotta prescelta collegava Salisburgo a Orbetello, dove gli uccelli avrebbero passato l’inverno.
Dopo aver sistemato sul dorso dei pennuti un sistema Gps, appositamente sviluppato, associato a un accelerometro, gli scienziati hanno misurato la posizione, la velocità, la direzione e il numero di battiti di ali dei singoli membri in volo per 43 minuti. Ciò ha permesso di determinare la posizione nella formazione a V di ogni uccello rispetto agli altri membri dello stormo e le interazioni aerodinamiche tra di loro con un livello di precisione finora irraggiungibile.
Analizzando i dati ottenuti, si è visto che lo stormo manteneva approssimativamente una formazione a delta, sebbene la posizione dei singoli elementi fosse dinamica, con cambiamenti del ritmo di battito delle ali. Più specificamente, gli animali lungo la “V” dietro e al lato dell’uccello in testa, o capobanda, battevano le ali in fase con esso. Questo permetteva loro di evitare le turbolenze e di beneficiare del flusso di aria verso l’alto (effetto upwash) causati dal movimento delle ali del capobanda, in modo da ridurre la fatica e aumentare la velocità. La distanza ottimale tra gli uccelli nello stormo per usufruire di questi benefici era di circa 1.2 metri. Per gli uccelli posizionati più indietro e direttamente dietro il primo, invece, il battito delle ali era asincrono rispetto a quest’ultimo allo scopo di ridurre i vortici di aria spinta indietro e in basso causati dal battito delle ali del leader (effetto downwash).
Secondo Steven Portugal, autore dello studio, questi risultati confermano le previsioni teoriche proposte finore e dimostrano per la prima volta che gli ibis sono in grado di predire le turbolenze dell’aria causate dai loro compagni e usano accorgimenti aerodinamici complessi per aggiustare la loro posizione e il ritmo di battito delle ali in modo da beneficiare delle correnti che possono favorire il loro lavoro, una cosa finora ritenuta troppo complicata per animali di questo tipo.
Via: Wired.it
Riferimenti: Nature doi:10.1038/nature12939
Credits immagine: Markus Unsold