In Antartide i pinguini imperatore (Aptenodytes forsteri) si tuffano alla ricerca del cibo e nuotano a lungo sotto la superficie del mare, senza mai emergere per respirare. Nemmeno quando le scorte di ossigeno nei muscoli sono terminate. Come fanno? Alla Scripps Institution of Oceanography (University of California, San Diego) alcuni ricercatori hanno scoperto l’esistenza di due meccanismi fisiologici alternativi e una grande efficienza nel consumo dell’ossigeno.
I pinguini, prima di immergersi, fanno scorta di ossigeno che il loro organismo immagazzina in polmoni, sangue e muscoli. Quest’ultima riserva contribuirà alla produzione dell’energia muscolare necessaria al nuoto subacqueo, che può durare oltre venti minuti. L’energia viene infatti prodotta a partire dall’ossigeno, con un processo metabolico detto “respirazione aerobica”: quando l’ossigeno finisce, l’organismo è in grado di produrre ancora energia, anche se in modo meno efficiente, utilizzando la “respirazione anaerobica”: una sorta di strategia di riserva, la cui messa in atto è segnalata dalla presenza di lattato nel circolo sanguigno.
Nel caso del pinguino imperatore, il lattato compare 5-6 minuti dopo l’inizio dell’immersione (cioè ben prima che l’animale riemerga), mentre però l’ossigeno è ancora presente sia nel sangue che nei polmoni. Cosa innesca dunque il cambiamento di metabolismo? Nello studio presentato sul Journal of Experimental Biology, gli scienziati hanno dimostrato che è l’assenza di ossigeno nei muscoli ad attivare la respirazione anaerobica: il che vuol dire che questi uccelli nuotano, per la maggior parte del tempo, senza avere la fonte principale di energia proprio lì dove servirebbe.
Per arrivare a questa conclusione, i ricercatori hanno misurato i livelli di ossigeno nei muscoli pettorali (quelli deputati al nuoto) di un pinguino imperatore, utilizzando uno spettrometro con lunghezza d’onda nel vicino infrarosso, impiantato nei muscoli stessi. Inoltre, per poter controllare le tipologie di immersione, hanno inserito sul dorso dell’animale un misuratore di tempo e profondità.
I dati registrati hanno mostrato che in 31 delle 50 immersioni, nel metabolismo dell’animale si era innescata la respirazione anaerobica. Si è visto inoltre che la diminuzione dell’ossigeno nei muscoli del nuoto segue due andamenti diversi: in alcuni casi è costantemente decrescente, e il gas è completamente esaurito nel momento in cui si innesca la respirazione anaerobica; nel secondo caso invece, a metà dell’immersione, la diminuzione di ossigeno si arresta per un breve periodo di tempo, prima di ricominciare a scendere. In questo secondo modello, quindi, nella fase intermedia dell’immersione il muscolo viene rifornito di ossigeno proveniente dalle altre scorte, e ritarda l’inizio della respirazione anaerobica.
Nello studio gli scienziati hanno misurato anche l’efficienza metabolica di questo animale, rilevando un tasso di consumo di ossigeno nel tessuto muscolare estremamente basso, pari a un decimo di quello riscontrato in ambiente artificiale, e solo due volte il valore misurato a riposo.