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Se l’intelligenza artificiale scrive poesie

La vena poetica colpisce anche l”intelligenza artificiale (IA) quando messa di fronte a un tramonto (e non solo). Uno studio depositato sull’archivio di preprint ArXiv mostra quale livello di pensiero creativo, di linguaggio e poesia possa raggiungere l’intelligenza artificiale di fronte ad alcune immagini. Qualche esempio?

The sun is shining
the wind moves
naked trees
you dance

[Il sole splende
il vento muove
nudi alberi,
tu balli,  t.d.r]

o ancora

The sun rays struck my face
warm tingles to my fingertips
the light showed me a path
i should walk down
i spoke and the whispers of the breeze
told me to close my eyes
i lost my way in a paradise

[I raggi del sole colpiscono il mio viso
un caldo formicolio sulle punta delle dita
la luce mi ha mostrato una via
da percorrere
ho parlato e i sussurri della brezza
mi hanno detto di chiudere gli occhi
ho perso la mia strada in un paradiso, t.d.r]

Senza entrare nel merito di cosa possa dirsi o meno davvero poesia e fino a che punto possa considerarsi creativo il lavoro di una macchina (su cui giustamente si interroga Mashable), che cosa hanno fatto i ricercatori? Nel corso del loro studio, il team di scienziati della Kyoto University e della Microsoft ha addestrato l’intelligenza artificiale a generare versi, facendo masticare ad algoritmi immagini associate a descrizioni (fatte da esseri umani) e poesie. L’idea era quella di insegnare a una macchina a discriminare tra una mera descrizione e un linguaggio poetico, generalmente più legato agli aspetti emotivi, sentimentali e simbolici nascosti dietro le parole. Per l’intelligenza artificiale, riferisce Futurism, questo ha comportato anche imparare quali metafore o associazioni possano legarsi a determinati colori o immagini. Dopo aver “istruito” l’IA i ricercatori hanno quindi messo alla prova gli algoritmi, facendo produrre loro dei versi poetici a partire da alcune immagini.

Questi componimenti poetici in silico sono quindi sottoposti ad alcuni volontari con livelli diversi di competenza letteraria, chiedendo loro di discriminare quelli creati da esseri umani  e quelli prodotti dall’intelligenza artificiale (attraverso  Test di Turing). Il risultato? I lettori esperti erano mediamente più bravi a identificare le poesie scritte dalle macchine quando corredate da immagini, i non esperti al contrario erano più abili a farlo in assenza di immagini. Ma in generale, scrivono gli autori, “le poesie create tramite intelligenza artificiale hanno messo in difficoltà sia gli esperti sia i non esperti, sebbene i primi riuscissero a essere più accurati degli altri”.

Ma l’idea che l’intelligenza artificiale possa produrre poesie (o simili) non è a ben vedere nuova. Solo l’anno scorso, per esempio, un ex ricercatore di Cambridge e un collega della Facebook AI Research si cimentavano in un’impresa simile, producendo poesie in molti casi indistinguibili al pubblico, chiamato a identificare frammenti nati dalla rete neurale e da poeti in carne ed ossa. Ma anche Google sembrava interessato al mondo delle poesie in silico. Sui risultati giudicate voi.

Riferimenti. ArXiv

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