Cresce il rimboschimento nei paesi ricchi, ma continuano le perdite in quelli poveri. La deforestazione, che ha raggiunto il picco negli anni Novanta, segna una battuta di arresto che, se confermato nei prossimi anni, potrebbe addirittura portare a un aumento dell’area coperta dagli alberi. Lo rivela il rapporto “Forest identity” messo a punto da un team internazionale guidato da Pekka Kauppi dell’Università di Helsinki e pubblicato su Proceedings of the National Academy of Science (Pnas).
Lo studio non considera solo l’area ricoperta dagli alberi ma anche la loro densità per ettaro, in modo da determinare il volume di quelli “in crescita” di una nazione, la quantità di biomassa e quella di anidride carbonica sequestrata dalle foreste. Cifre alla mano, il disboscamento ha subito un arresto nei paesi più industrializzati, che anzi hanno riguadagnato in termini di aree verdi. Su 50 nazioni con la maggior estensione di foreste, il 36 per cento mostra un aumento dell’area forestale e il 44 per cento un aumento della biomassa. Il rimboschimento a livello globale avrebbe conseguenze positive sulla quantità di CO2 nell’atmosfera, che insieme all’aumento delle colture intensive, potrebbe portare a un’espansione del 10 per cento delle foreste entro il 2050, per un totale di circa 300 milioni di ettari.
Se i paesi ad avere guadagnato più zone verdi sono stati Cina e Usa, le perdite maggiori continuano ad essere quelle di Brasile e Indonesia. Secondo Kauppi, la forte pressione sulle foreste in queste zone è dovuta al fatto che nei paesi poveri c’è la necessità di tagliare foreste per ospitare coltivazioni o per esportare il legname. Fenomeno che, si legge nello studio, è sempre più diffuso e genera la cosiddetta “esportazione dell’impatto ecologico”, per cui alcune nazioni proteggono le proprie foreste andando a distruggere quelle degli altri. (r.p.)