L’accordo tra l’Iran e le potenze del 5+1 è arrivato. In sostanza si tratta di una misura stipulata tra Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia, Germania e Iran per cui quest’ultimo si impegna a rallentare il suo programma nucleare, di fatto rendendo più difficile per Teheran la costruzione di qualsiasi bomba atomica. “Questo accordo è un primo importante passo e apre il tempo e lo spazio per andare avanti con nuovi negoziati e raggiungere entro sei mesi un accordo generale”, ha salutato la soluzione il presidente americano Barack Obama. Ma ecco quali sono i termini principali dell’intesa e perché allontanerebbero lo spettro di un ordigno nucleare, come li ha riassunti il Guardian.
Tra le misure adottate per rallentare il programma nucleare, c’è quella di interrompere l’arricchimento dell’uranio sopra al 5%. Questo significa, in altre parole, mantenere l‘arricchimento dell’uranio ben al di sotto della soglia necessaria per la costruzione di ordigni nucleari (il cosiddetto materiale weapon-grade, con un grado di arricchimento intorno all’85%-90%), mentre è sufficiente per la produzione di carburante per il reattore della centrale di Bushehr. E ancora: l’accordo prevede che l’Iran neutralizzi le sue riserve di uranio arricchito al 20%, o diluendolo o livelli inferiori al 5% o convertendolo in una forma non più utilizzabile come per ulteriore arricchimento.
Tra i termini dell’intesa inoltre c’è anche il no all’aggiunta di altre centrifughe (anche se è stato permesso all‘Iran di mantenere i suoi due impianti di arricchimento principali in funzione); la sospensione dei lavori al reattore di Arak, che può produrre anche plutonio, potenzialmente utilizzabile nella produzione di armi, e garantire una maggiore collaborazione con gli ispettori dell’Onu (come permettere l’accesso alle sue facility di Natanz e Fordow alle autorità della Iaea, la International Atomic Energy Agency). L’accordo si estende per sei mesi, dando il tempo di trovare una soluzione globale alla crisi nucleare iraniana.
“Una volta che queste misure saranno adottate”, ha commentato David Albright dell’U.S. Institute for Science and International Security (Isis) alla Reuters, “il tempo di breakout – ovvero il tempo che sarà necessario all’Iran per produrre uranio altamente concentrato per una bomba atomica – si allungherà da un minimo di 1-1,6 mesi ad almeno 1,9-2,2 mesi se gli iraniani usassero tutte le loro centrifughe installate”, e ha poi continuato: “Questo potrebbe sembrare un piccolo aumento. Ma con la Iaea che giornalmente controlla i siti di Natanz e Fordow, questo aumento dei tempi è significativo”.
Via: Wired.it
Credits immagine: European External Action Service – EEAS/Flickr