La guerra non uccide solo sul campo di battaglia. Come mostra uno studio dello US Army Public Health Command pubblicato online su Injury prevention, infatti, il tasso dei suicidi tra i soldati impegnati in missioni in Iraq è aumentato dell’80 per cento tra il 2004 e il 2008.
I ricercatori hanno analizzato i dati dell’Army Behavioural Health Integrated Data Environment. Le cifre mostrano che la campagna irachena ha minato pesantemente la salute mentale dei soldati statunitensi: i tassi di suicidio dei soldati impegnati in missione, dal 1977 al 2003, sono stati in linea con la tendenza generale della popolazione Usa; poi, dal 2004, i ricercatori hanno osservato un incremento esponenziale di questi episodi e si è passati da 12 su 100.000 a 20 su 100.000.
La maggior parte dei suicidi sono soldati molto giovani, di età compresa tra i 18 e i 24 anni, che già un anno prima di togliersi la vita presentavano disturbo della personalità, depressione, stress post-traumatico e abuso di sostanze. Più della metà di quanti commettono suicidio è un soldato semplici o di basso rango. Inoltre, a essere colpiti non sono solo quelli che combattono in prima linea: nel 31 per cento dei casi, infatti, si trattava di soldati a cui erano state affidate altre mansioni.
“Il suicidio sta diventando sempre di più un problema di salute pubblica e i prossimi studi saranno finalizzati a identificare fattori di rischio e cause”, hanno commentato gli autori. “È evidente la necessità di migliorare i metodi per identificare, monitorare e trattare i soggetti potenzialmente a rischio”.
Riferimenti: Injury Prevention doi:10.1136/ip.2010.029215.86
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