I dati parlano chiaro: nel 1998, in Italia, si spendeva in Information technology (It) l’1,5 per cento del valore del Pil, a fronte di una media europea del 2,3 per cento; nel 2007 la spesa è stata pari all’1,7 per cento del Pil, vale a dire dopo dieci anni gli investimenti It sono aumentati di soli due decimi di punto percentuale, mentre la spesa media europea è cresciuta di 5 decimi di punto percentuale. Ma se si guardano più da vicino i paesi più avanzati si scopre, per esempio, che per la Francia questi dieci anni hanno portato un aumento degli investimenti It di 8 decimi di punto percentuale, fino a rappresentare oggi una quota del Pil pari al 3,1 per cento, per la Gran Bretagna 6 decimi di punto in più significano che oggi si spende in It il 3,5 per cento del valore del Pil, e per la Germania 5 decimi di punto in più portano gli investimenti It al 2,9 per cento del valore del Pil. Ecco quindi che, in questo decennio, il gap d’innovazione dell’Italia rispetto ai competitor si è decisamente ampliato.
“E chi in questi anni ha investito di più in tecnologie informatiche ha ottenuto anche importanti ritorni sulla produttività”, ha spiegato Ennio Lucarelli presidente dell’Associazione italiana dell’Information Technology in occasione della presentazione del Rapporto annuale. Tra il 2000 e il 2007, per Francia, Germania, Usa e Gran Bretagna la produttività è aumentata fra il 7 e il 14 per cento, sostenuta da una crescita cumulata degli investimenti It altrettanto elevata, con tassi dell’ordine tra il 16 e il 38 per cento. Nello stesso periodo la media europea di crescita della produttività è stato dell’8 per cento, quella della spesa It intorno al 30 per cento; mentre in Italia l’aumento della produttività non è riuscito a superare il 2 per cento, a fronte di una crescita cumulata degli investimenti It poco sopra il 5 per cento.
Il Rapporto fotografa anche l’atteggiamento degli italiani di fronte alle applicazioni avanzate di Internet: nella Pubblica amministrazione l’utilizzo dei servizi online è al 17 per cento a fronte di una media europea del 30 per cento, e con un gradimento dei cittadini in diminuzione. Non molto meglio il quadro dei servizi di mercato: l’Internet banking è utilizzato dal 12 per cento della popolazione italiana rispetto al 25 per cento della media europea, l’e-commerce sviluppa il 2 per cento del totale delle vendite al dettaglio, mentre la media europea viaggia a quota 11 per cento. In Italia poi il 56 per cento della popolazione non usa Internet, mentre la media europea è del 40 per cento. A fare da contrappeso a questo dato, quello della quota di popolazione con elevate capacità di utilizzare Internet: il 9 per cento, sopra la media europea (8%).
A trainare il mercato Ict è l’informatica, che precede quello delle telecomunicazioni, anche quest’anno in ristagno: nel 2007 il mercato italiano ha raggiunto i 20.190 milioni di euro in crescita del 2 per cento sull’anno prima. In questo scenario a investire di più sembrano essere i consumatori: la domanda delle famiglie è cresciuta del 10,5 per cento, raggiungendo una quota di mercato complessiva del 5,2 per cento. Dal 2005 al 2007, la penetrazione del cellulare nelle famiglie italiane è infatti passata dall’80,8 all’ 85,5 per cento, quella del Pc dal 43,9 al 47,8 per cento e quella di Internet dal 34,5 al 38,8 per cento. Un dinamismo a cui non corrispondono investimenti da parte dello Stato e della Pubblica amministrazione. (l.g.)