L’Italia degli scienziati, 150 anni di storia nazionale

Nel pieno delle celebrazioni per il centocinquantesimo dell’Unità d’Italia anche la scienza trova uno spazio. Ce lo ricordano gli storici della scienza Angelo Guerraggio e Pietro Nastasi, docenti alla Bocconi e all’università dell’Insubria di Varese (il primo) e all’università di Palermo (il secondo) , con il volume L’Italia degli scienziati. 150 anni di storia nazionale, edito da Bruno Mondadori. Attraverso diciotto storie, tutte esemplari, che si dipanano nel corso della storia unitaria, gli autori cercano di colmare una lacuna: la ricerca storica ha trascurato fin qui il contributo della scienza e degli scienziati alle vicende nazionali. Al contrario, è possibile dimostrare un continuo scambio tra scienza e società lungo tutto il secolo e mezzo della nostra breve storia nazionale. La prima – è la tesi di Guerraggio e Nastasi – “ha riversato sulla società risultati, stimoli metodologici e organizzativi, categorie di pensiero” prima ancora di incidere sull’economia e sul benessere del paese. Ma anche la società ha inciso significativamente sulla scienza attraverso soprattutto la politica, le sue scelte e le risorse attribuite, attraverso gli interessi economici o le condizioni degli equilibri internazionali.

Un libro da portare sui banchi di scuola

Va detto subito che per la chiarezza espositiva e la capacità di sintesi questo volume si presta anche come un ottimo strumento didattico nelle scuole secondarie di secondo grado per affrontare un aspetto della storia italiana, forse minoritario, ma tutt’altro che trascurabile. Oltre all’impegno di raccogliere insieme e di rendere facilmente fruibile una notevole parte delle ricerche condotte dagli storici della scienza italiani, l’aspetto più interessante del lavoro di Guerraggio e Nastasi è lo sforzo fatto per evidenziare nelle storie del passato posizioni – e talora soluzioni – su questioni che oggi sono di piena attualità circa il ruolo che la scienza riveste nello sviluppo della società italiana. Guardare al passato per capire un po’ di più l’oggi, insomma. E non è poca cosa, se tra gli effetti c’è quello di aiutare gli studenti a fare scelte maggiormente consapevoli sul proprio futuro.

L’Italia degli scienziati

Si scopre così che la scienza ha contribuito a definire i tratti di quella che sarebbe stata l’identità nazionale fin dagli anni dei moti insurrezionali e delle guerre d’indipendenza. Prima sulle barricate, poi nelle aule parlamentari, matematici, fisici, chimici hanno provato a rappresentare il paese come parte di una nuova classe dirigente. Facendosi interpreti di una nuova, modernissima, idea di Stato unitario, delineabile solo entro una cornice europea, ben lontano, cioè, dai particolarismi e dai provincialismi di partenza che l’avrebbero marginalizzato rispetto agli altri stati nazionali. In questo senso gli autori leggono il viaggio – il primo nel suo genere – che tre giovani matematici, Enrico Betti, Francesco Brioschi e Felice Casorati, dopo aver lasciato i campi di battaglia, compiono nel 1858 in Francia e Germania per studiarne l’organizzazione della ricerca, al fine di dotare l’Italia nascente di analoghe strutture organizzative.

Innovazione e sviluppo ai tempi dell’Unità

L’Italia degli scienziati affronta anche altri attualissimi temi, come il trasferimento tecnologico, la fuga dei cervelli, il modello di sviluppo basato sull’innovazione, il bilancio statale ed i tagli alla spesa culturale hanno attraversato l’Italia risorgimentale e giolittiana, quella fascista e quella repubblicana. Così la storia, per lo più sfortunata, degli inventori italiani nel ventennio 1860-1880 (Meucci e Manzetti, Pacinotti, Ferraris, Cruto) può essere letta come la sconfitta di una giovanissima nazione che non ha ancora la maturità necessaria per accendere quella rete di interessi economici e imprenditoriali, nonché di sostegno politico, indispensabile per attivare il trasferimento tecnologico.

E ancora, il modello di sviluppo basato sull’innovazione, che la classe dirigente attuale ciecamente non si prefigge, fu perseguito con lucida capacità di visione da Quintino Sella, ingegnere minerario prima che ministro. Sebbene sia passato alla storia per l’ossessione del pareggio di bilancio, Sella sostenne sempre che mai lo si dovesse raggiungere tagliando le spese dell’istruzione. E’ forse proprio nella storia più antica dell’Italia unita che si trovano una modernità, uno slancio e una passione civile che sarebbe necessario riconquistare.

Il libro: Angelo Guerraggio, Pietro Nastasi, L’Italia degli scienziati. 150 anni di storia nazionale, Bruno Mondadori 2010, pp. 325, euro 22,00

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