Kit Abbott difettosi: un ritiro un po’ tardivo

A molti sarà capitato di leggere con trepidazione il referto di un’analisi del sangue e di tirare un sospiro di sollievo quando i parametri rientrano nei cosiddetti valori “normali”. O, al contrario, di angustiarsi per risultati fuori dai limiti. Quale che sia l’esito, immaginate cosa si può provare quando, a mesi di distanza, si viene a sapere che quei risultati erano fasulli, sovrastimati dal 13 al 45%, e che è il caso di ripeterli. E’ proprio quel che è successo ad alcune migliaia di cittadini lombardi che nell’arco di circa un anno (dal 7 febbraio 2013 al 14 febbraio 2014) si erano sottoposti all’esame del sangue per misurare la concentrazione di paratormone (PTH), un ormone legato al metabolismo del calcio.

Il caso è arrivato sui giornali il 14 marzo scorso, quando, in seguito a una allerta diffusa dalla Abbott , produttrice del kit, i Nas inviati dal Ministero della Salute si sono presentati all’Ospedale Maggiore di Crema, il primo a sospendere l’impiego del kit e ad avviare la campagna di richiami, per sequestrare tutta la documentazione relativa. Qualche giorno dopo, attraverso l’assessore alla Sanità della Regione Lombardia Mantovani si è saputo che sono 18 i laboratori lombardi che impiegano il prodotto Abbott e che i kit distribuiti sono 65.000, di cui utilizzati 40.891. Almeno 17.603 invece i soggetti potenzialmente implicati nell’errore e che dovranno ripetere l’esame. La Abbott si è dichiarata disponibile a “ripagare i costi sostenuti dai pazienti” ma le associazioni dei consumatori sono sul piede di guerra.

Il paratormone (ormone paratiroideo) è un polipeptide di 84 amminoacidi con massa molecolare relativa pari a ca. 9500 dalton. Viene prodotto da quattro piccole ghiandole localizzate nel collo, dietro la tiroide. La sua secrezione è regolata dai livelli ematici del calcio: l’abbassamento della calcemia stimola la secrezione dell’ormone, l’aumento la inibisce. Il ruolo fisiologico del paratormone è strettamente legato al metabolismo del calcio. La sua importanza è legata al fatto che i livelli di calcio nell’organismo devono rimanere entro un intervallo assai ristretto di concentrazione. Il PTH favorisce l’assorbimento del calcio introdotto con gli alimenti, collaborando in questo con la vitamina D; riduce l’escrezione renale del calcio e ne aumenta la mobilizzazione a livello delle ossa. Da questo risulta evidente che la determinazione del PHT, abbinata alla calcemia, alla fosforemia e al livello di vitamina D, serve ad ottenere informazioni decisive sul nostro stato di salute.

Fortunatamente, l’eventuale sovrastima del solo PTH non pregiudica lo stato salute e, da sola, non è determinante per stabilire qualsivoglia diagnosi di malattia. Ciò però non vuol dire che quanto avvenuto non sia privo di rilevanza dal punto di vista bioetico. In genere, quando il medico riscontra un dato fuori norma fa ripetere l’analisi ma non è da trascurare la preoccupazione del paziente, il disagio ecc. In questo caso poi, se i kit erano sbagliati, l’errore era destinato a ripetersi.

Viene quindi da chiedersi se tutto ciò si potesse evitare, se se non potesse scattare prima l’allarme. E non solo perché ci è voluto un mese prima che sortisse effetto la segnalazione diffusa il 12 febbraio 2014 da Abbott, un comunicato urgente per il ritiro di numerosi lotti del kit Architect PTH, con indicazione in apposita tabella delle sigle dei reagenti, calibratori e controlli interessati, nonché le date di scadenza. La motivazione era, appunto, l’ottenimento di risultati erronei per eccesso segnalato da uno studio completato nel gennaio 2014 in cui si operava un confronto con altro studio portato a termine nell’agosto 2012; l’azienda non era in grado di spiegare il malfunzionamento dei kit e s’impegnava a fornire informazioni in merito non appena disponibili. Soprattutto perché, come ha spiegato Marcella Marletta, responsabile della Direzione generale dispositivi medici del Ministero della Salute, intervenuta il 18 marzo scorso a “Mi manda Rai 3”, il kit Abbott per gli esami del paratormone è stato venduto in 19 lotti in Europa e complessivamente 26 lotti nel mondo, compreso il Giappone. Com’è stato possibile che nessuno si sia accorto dell’errore? Finora – ha riferito Marletta – ci erano state poche segnalazioni, 2 o 3 in tutto, non sufficienti per far scattare una valutazione di non attendibilità del test. “Queste poche segnalazioni”, ha precisato la manager, “hanno comunque portato ad uno studio condotto dalla Abbott e da altri deputati ai controlli, col risultato della sovrastima del test, che può andare dal 13 al 45% del suo valore”.

In realtà, effettuando un rapido esame della letteratura del settore, ci si accorge facilmente che si sarebbe potuta approfondire la questione fin dal 2008. Quell’anno, un articolo franco-statunitense a firma Dominique Joly et al. [ Am. J. Kidney Diseases – 51(6), 2008: pp. 987-995], si affermava in maniera specifica che il test Abbott dava risultati superiori a quelli di altra marca (p. 990). L’anno dopo, a firma M. Monge et al. (Laboratorio Pasteur Cerba, Saint-Ouen L’Aumone, Francia) veniva pubblicato un articolo [Clin. Chem. Lab. Med. 47(3), 2009: pp. 362-6] dall’eloquente titolo “Higher parathyroid hormone (PTH) concentration with the Architect PTH assay than with the Elecsys assay in hemodialysis patients, and a simple way to standardize these two methods”, dove gli autori concludevano che per ottenere valori “corretti” con l’Architect occorreva dividerli per 1,3. In sostanza voleva dire che quel Kit sovrastimava l’ormone del 30%.

Due anni dopo, altri dati sospetti pubblicati da E. Cavalier et al. [Nephrol. Dial. Transplant 0, 2011: pp. 1–7]. Da notare che Etienne Cavalier (Dipartimento di Chimica Clinica, Università di Liegi) ha fatto la sua tesi di laurea proprio sulla determinazione del PTH nel laboratorio clinico, sotto la direzione del Prof. Chapelle, co-autore dell’articolo.

Ma vediamo come funziona (in parole povere) il test incriminato, premettendo doverosamente che la determinazione del PHT non è affatto semplice ed è influenzata da numerosi fattori pre-analitici. Si tratta di un dosaggio immunologico chemiluminescente a cattura di microparticelle (CMIA) che, per le sue caratteristiche, è detto anche metodo sandwich. Il campione, un diluente e microparticelle paramagnetiche ricoperte di anti-PTH vengono mescolati assieme. Il PHT intatto presente nel campione si lega all’anti-PHT che si trova sulle microparticelle. Dopo il lavaggio si aggiunge anti-PHT marcato  con estere di acridinio (coniugato) che agisce da tracciante chemiluminescente e, dopo un’altra serie di operazioni, si misura la luce emessa che è direttamente legata alla concentrazione di PHT (Vedi www.ilexmedical.com/files/PDF/IntactPTH_ARC.pdf).

Concludiamo ricordando che oltre agli articoli scientifici sopracitati, riferivano di sovrastime dell’ormone con il test Architect anche segnalazioni pervenute, fin dal 2011, all’ente americano FDA (U.S. Food and Drug Administration). Un chiaro documento ufficiale relativo a test Abbott per il PTH prodotti in Germania si può consultare qui.

Ci chiediamo allora se il difetto riguarda soltanto i lotti ritirati e considerati difettosi oppure se il kit è strutturalmente inadeguato allo scopo. In ogni caso, Abbott Laboratories avrebbe potuto emanare un po’ prima la disposizione di interrompere immediatamente l’impiego dei kit sospetti.

Credits immagine: Lori Greig/Flickr

2 Commenti

  1. C’è seriamente da domandarsi, come suggerito nell’articolo, se il test Abbott non sia intrinsecamente inadeguato alla determinazione dei livelli sanguigni di PTH. La vicenda getta delle ombre sul sistema di allerta e controllo e fa sorgere qualche dubbio circa eventuali pressioni/interessi.
    Riccardo, studente di Chimica.

  2. Ho una domanda: ma se M Monge era al corrente di questa discrepanza, al punto da scriverci sopra un articolo, perché non ha contattato direttamente la Abbott per renderli partecipi di ciò?

    Cahoon

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