Scagli la prima pietra il giovane (o meno giovane) ricercatore che almeno una volta non abbia sognato il Nobel. Dalla sua nascita, il 1901, il premio Nobel è diventato una specie di Santo Graal della ricerca scientifica (piùancora che per la letteratura), una “consacrazione” che trasforma l’onesto scienziato che ha conseguito dei risultati importanti, in una sorta di santone, abilitato a giudicare tutto e tutti anche in campi assai lontani dalla sue competenze.
Eppure da qualche tempo qualcosa si è cominciato ad appannare nello smalto del premio scientifico più ambito del mondo. In parte, forse, per la caduta di interesse dell’opinione pubblica verso la ricerca fondamentale. In occasione dell’ultima assegnazione dei Nobel per la Fisica e per la Chimica i due maggiori quotidiani italiani non hanno dedicato neppure una riga alla notizia, mentre avevano consacrato pagine intere ad una sconosciuta (a noi) poetessa polacca. Un atteggiamento che meriterebbe un’analisi approfondita che Galileo affronterà prima o poi.
Ma una considerevole parte di responsabilità nella perdita di pathos del Nobel è probabilmente da attribuire al premio stesso: un meccanismo che, nel giro di un secolo circa, è naturalmente invecchiato, prigioniero delle rigide pastoie dei suoi regolamenti, modella sulla scienza e sulla cultura del secolo scorso. La stessa distribuzione per categorie, ad esempio, è oggi superata dallo sviluppo e dalla ramificazione delle discipline originarie, dal prepotente insorgere di nuove aree specializzate, dall’assenza di rami fondamentali del sapere moderno (come evoluzionismo, genetica ebiologia molecolare, matematiche, informatiche e scienze cognitive, etc.).
La Scienza, insomma, non è più quella che frequentava l’inventore della dinamite. Lo scienziato solitario, chiuso nella torre del suo laboratorio, oggi non esiste quasi più, sostituito da un “personaggio collettivo”, un’équipe dove spesso il capo non è l’unico portatore di idee. E la ricerca si afferma quando in esse vengono impegnate non solo genialità e capacità teorica o sperimentale, ma -principalmente-risorse finanziarie sempre più massicce. Col risultato che l’orizzonte culturale del premio Nobel ipoteca e spesso indirizza la ricerca: Non sempre sui sentire che avrebbe autonomamente preso nei diversi paesi e sul terreno delle diverse culture. E che talenti e scoperte che contribuiscano a fare storia vengono egualmente spesso ignorati.